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Il delatore Le mie simpatie
Questo testo fa parte della raccolta III. Dai 'Canti per il popolo'

IV

CAMPAGNUOLI SAPIENTI

Lavoriam, lavoriam, dolci fratelli,
sin che molle è la terra e i di son belli.
Lavoriam, lavoriam; quanto ci mostra
di ricco il mondo, è passeggierò spettro;
5il crin sudato è la corona nostra,
il piccone e la marra il nostro scettro.
Qui si tradisce; lá s’affila il brando;
dappertutto si piange e si fa piangere;
noi lavoriam cantando.
10Lavoriam, lavoriam, dolci fratelli,
sin che molle è la terra e i di son belli,
qui, tra il susurro delle fonti e il verde,
preghiam che lunge stia l’arso e la bruma.
Chi possiede tesori il sonno perde;
15chi possiede intelletto il cor consuma:
quanti mila infelici errano in bando
senza conforto! Tra le spose e i pargoli
noi lavoriam cantando.

Lavoriam, lavoriam; l’ora che avanza
20di lavor sia tessuta e di speranza.
Se questi ricchi, che ci dan le glebe,
qualche volta con noi miti non sono,
noi, dolorosa ma non trista plebe,
rispondiamo con l’opra e col perdono.
25E cosi, nel silenzio, ammaestrando
l’umile cencio a rispettar del povero,
noi lavoriam cantando.
Lavoriam, lavoriam: l’ora, che avanza,
di lavor sia tessuta e di speranza.
30Volando e rivolando, s’affatica
il suo nido a compor la rondinella;
sugge l’ape alla rosa, e la formica
porta il cibo del verno alla sua cella,
nel codice di Dio l’opra è comando.
35Non per noi, ma pei figli è l’edilízio.
Su! lavoriam cantando.

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