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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1835
CHE VVITA DA CANI!
L’ho, ddio sagrato, co’ cquer zor Cornejjo1
Der padrone, che Cristo sce2 lo guardi.
Nun j’abbasta neppuro3 che mme svejjo
Antilùsce:4 ggnornò,5 ffo ssempre tardi.
Nu ne vojj’antro.6 Aspetto che mme sardi7
Le liste, eppoi le case io me le sscejjo.8
Manco er riposo?! E cche! ssemo bbastardi?!
Padroni a Rroma? accidentacci ar mejjo.
Annallo9 a rrippijjà ddrent’ar parchetto,
Portallo a ccasa, còsceje da scena,10
Dajje in tavola, e ppoi scallajje er letto,
E ppoi spojjallo, e ppoi, quann’è de vena,
Sciarlà11 un’ora co’ llui... sia mmaledetto,
Che sse dorme?12 Un par d’ora ammalappena.13
22 gennaio 1835
- ↑ Cornelio: cornuto.
- ↑ Ce.
- ↑ Neppure.
- ↑ Ante lucem.
- ↑ Signor no.
- ↑ Non ne voglio altro.
- ↑ Mi saldi.
- ↑ Me le scelgo.
- ↑ Andarlo.
- ↑ Cuocergli da cena.
- ↑ Ciarlare.
- ↑ Quanto si dorme?
- ↑ Un paio d’ore appena.
Note
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