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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834
CHI LA TIRA, LA STRAPPA
Fatto Adamo padron de l’animali,
Incominciò addrittura a arzà l’ariaccia.1
Nun zalutava, nun guardava in faccia...
Come fussino2 llà ttutti stivali.
Nun c’er’antro3 pe’ llui che ccan4 da caccia,
Caval5 da sella, scampaggnate,6 ssciali,7
Priscissione8 coll’archi trionfali,
Musiche, e ccianerie9 pe’ la mojjaccia.10
E l’animali, a ttutte ste molestie,
De la nescessità, ccome noi dimo,11
Fasceveno vertù, ppovere bbestie.
Nun ce fu cch’er Zerpente, che, vvedute
Tante tirannerìe, disse p’er primo:
“Mó vve bbuggero io, creste futtute.„
16 aprile 1834
- ↑ Alzare l’ariaccia: levarsi in superbia.
- ↑ Fossero.
- ↑ Non c’era altro.
- ↑ Cani.
- ↑ Cavalli.
- ↑ Diporti in campagna.
- ↑ Gozzoviglie.
- ↑ Processioni.
- ↑ Foggie eleganti.
- ↑ Mogliaccia.
- ↑ Diciamo.
Note
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