< Clizia < Atto quarto
Questo testo è completo.
Atto quarto - Scena terza Atto quarto - Scena quinta


Sofronia, Damone

Sofronia
(sola) Non maraviglia che ’l mio marito mi sollecitava ch’io chiamassi Sostrata di Damone! E’ voleva la casa libera, per potere giostrare a suo modo. Ecco Damone di qua. O specchio di questa città, e colonna del suo quartieri, che accomoda la casa sua a sì disonesta e vituperosa impresa! Ma io gli tratterò in modo, che si vergogneranno sempre di loro medesimi. E voglio or cominciare ad uccellare costui.
Damone
(stesso gioco) Io mi maraviglio che Sofronia si sia ferma, e non venga avanti a chiamare la mia donna. Ma ecco che la viene. (A Sofronia) Dio ti salvi, Sofronia!
Sofronia
E te, Damone! Ove è la tua donna?
Damone
La è in casa, ed è parata a venire, se tu la chiami, perché el tuo marito me ne ha pregato. Vo io a chiamarla?
Sofronia
No, no! la debbe avere faccenda.
Damone
Non ha faccenda alcuna.
Sofronia
Lasciala stare, io non le voglio dare briga: io la chiamerò, quando fia tempo.
Damone
Non ordinate voi le nozze?
Sofronia
Sì, ordiniamo.
Damone
Non hai tu necessità di chi ti aiuti?
Sofronia
E’ vi è brigata un mondo, per ora.
Damone
(a parte) Che farò ora io? Ho fatto uno errore grandissimo a cagione di questo vecchio impazzato, bavoso, cisposo, e sanza denti. E’ mi ha fatto offerire la donna per aiuto a costei, che non la vuole, in modo che la crederrà ch’io vadi mendicando un pasto, e terrammi uno sciagurato.
Sofronia
(stesso gioco) Io ne rimando costui tutto inviluppato. Guarda come ne va ristretto nel mantello! E’ mi resta ora ad uccellare un poco el mio vecchio. Eccolo che viene dal mercato. Io voglio morire, se non ha comperato qualche cosa, per parere gagliardo o odorifero!
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.