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POLISSENA, vergine figliuola di Priamo, re di Troja e di Ecuba: giovanetta fu di sì fiorita bellezza, che potè infiammare l’aspro petto d’Achille, figliuolo di Peleo, e per fraude d’Ecuba sua madre potè ridurre quello a morte[1], venendo egli solo di notte nel tempio d’Apollo Timbreo[2]. Per la qual cosa non indebitamente fu morta, essendo perita la forza de’ Trojani, e guasto Ilion: ella fu menata da Neottolemo alla sepoltura di suo padre per purgazione dell’anima di quello; e in quel luogo, se noi dovemo dare fede alle scritture de’ passati, veduto l’altero giovane[3] tenere il coltello ignudo, piangendo quegli che stavano d’intorno ella innocente, con costante animo e con sicuro volto porse la gola; sicchè ella non mosse meno gli animi per ammirazione di fortezza, che per pietà di lei che pativa. E certamente fu grande cosa, e degna di ricordanza, che ella di tenera età, di bellezza d’una femmina, di dilicatezza reale, mutazione di fortuna non abbia potuto soperchiare lo grande animo di una fanciulla[4]; e che ella sia stata forta sotto la spada del nimico, sotto la quale alcuna volta dubitano, e spesse volte mancano gli animosi petti di nobili uomini. E crederò lievemente, questa essere stata opera di nobile fortuna, che con questo disprezzare di morire mostrasse, che femmina la fortuna avrebbe prodotta[5] se il nimico non l’avesse sì tosto ispacciata.
Note
- ↑ Cod. Cass. quello amore. Test. Lat. ad necem.
- ↑ Test. Lat. Ubi nefarie, et turpiter a Paride sagitta configebatur.
- ↑ Cod. Cass. altro giovane. Test. Lat. acrem juvenem.
- ↑ Test. Lat. magnum quippe et memoratu dignum, quod tenella aetas, sexus foemineus, mollities regia, mutata fortuna non potuit grandem praesisse virginis animum et potissime sub victoris, et hostis gladio.
- ↑ Cod. Cass. arebbe indugiato. Test. Lat. produxisset — Bet. prodotta.