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Luciano di Samosata - Dialoghi dei morti (Antichità)
Traduzione dal greco di Luigi Settembrini (1862)
26. Menippo e Chirone
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26.

Menippo e Chirone.


Menippo. M’han detto che tu, o Chirone, tutto che Dio, hai voluto morire.

Chirone. T’han detto il vero, o Menippo: e son morto, come vedi, potendo essere immortale.

Menippo. E che bene trovasti nella morte, nella quale molti trovano tanto male?

Chirone. Lo dico a te che non sei sciocco. Io non aveva più piacere a godere dell’immortalità.

Menippo. Non avevi piacere a vivere e veder la luce?

Chirone. No, o Menippo. Per me il piacere sta nel vario e nel diverso: io vivevo e godevo sempre delle stesse cose, del sole, della luce, del cibo; le ore, i giorni, le stagioni, tutte le cose l’una dopo l’altra con lo stesso ordine e modo. Infine ne fui stucco: perchè il piacere stava non nell’aver sempre lo stesso, ma nel variare.

Menippo. Dici bene, o Chirone: ma, e come ti trovi ora nell’inferno, dove hai preferito di venire?

Chirone. Non male, o Menippo: qui è uguaglianza perfetta, e non c’è differenza tra lo star nella luce, o nel buio. E poi non c’è bisogno nè di mangiare nè di bere, come lassù, e siam liberi di tutte queste noie.

Menippo. Ma vedi, o Chirone, che tu ti contraddici, e le tue parole stanno contro di te.

Chirone. E come?

Menippo. Se tu t’annoiasti della vita perchè c’era sempre lo stesso, t’annoierai anche qui dove c’è anche sempre lo stesso; e dovrai cercare un mutamento anche da questa in un’altra vita: il che penso sia impossibile.

Chirone. E che dunque avrei potuto fare o Menippo?

Menippo. Dicono che chi ha senno sa contentarsi del presente, accomodarvisi, e sopportar tutto con pazienza.


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