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ARGOMENTO
Didone, vedova di Sicheo, uccisole il marito da Pigmalione re di Tiro, di lei fratello, fuggí con ampie ricchezze in Africa, dove edificò Cartagine. Fu ivi richiesta in moglie da molti, e soprattutto da Iarba re de’ mori, e ricusò sempre, per serbar fede alle ceneri dell’estinto consorte. Intanto, portato Enea da una tempesta alle sponde dell’Africa, fu ricevuto e ristorato da Didone, la quale ardentemente se ne invaghí. Mentr’egli, compiacendosi di tale affetto, si trattenea presso lei, gli fu dagli dèi comandato che proseguisse il suo cammino verso Italia, dove gli promettevano una nuova Troia. Partí Enea; e Didone disperatamente si uccise.
Tutto ciò si ha da Virgilio, il quale con un felice anacronismo unisce il tempo della fondazion di Cartagine agli errori di Enea. Ovidio, libro iii de’ Fasti, dice che Iarba s’impadronisse di Cartagine dopo la morte di Didone, e che Anna, di lei sorella (che sará da noi chiamata Selene), fosse anch’essa occultamente invaghita d’Enea.
Per comodo della scena si finge che Iarba, curioso di veder Didone, s’introduca in Cartagine come ambasciadore di se stesso, sotto nome d’Arbace.