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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1833
DOMMINE-COVÀTI
A Ddommine-covàti sc’è un ber zasso
Più bbianco d’una lapida de latte,
Cor un paro d’impronte de sciavatte,1
Che ppareno dipinte cór compasso.
Llì, un giorno, Ggesucristo annanno2 a spasso,
Trovò ssan Pietro, che, ppe’ nnun commatte3
Cor Re Nnerone e st’antre teste matte,
Lassava a Rroma er zu’ Papato grasso.
“Dove vai, Pietro?„,4 disse Ggesucristo.
“Dove me pare„, er Papa j’arispose,
Come averìa risposto l’Anticristo.
Io mó nun m’aricordo l’antre cose;
Ma sso cch’er zasso ch’io co’ st’occhi ho vvisto
Cristo lo siggillò cco le carcose.5
Roma, 15 gennaio 1833
- ↑ Ciabatte.
- ↑ Andando.
- ↑ Combattere.
- ↑ Qui s’intende che la ignoranza dell’interlocutore confonde i fatti tradizionali.
- ↑ Le calcóse: vocabolo romanesco antiquato, sinonimo di “scarpe.„ La pietra, di cui qui si parla, conservasi ivi presso, nella Chiesa di San Sebastiano.
Note
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