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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1833
LE LÈGGE.1
Né de mé né de té ssanno2 ste carte,
St’editti de gabbelle e ggiubbilei,
Ste ladrerie, sti ggiubbilate-dei,3
Dove er Papa vò ssempre la su’ parte.
Aveva ppiù ggiudizzio Bbonaparte,
Che ssenza tanti ggiri e ppiaggnistei
Disceva ar monno: “Questo tocca a llei;„
E bbuggiarava tutti a uso d’arte.
Er Papa è ccerto una perzona dotta,
Ma ’ggnicuarvorta prubbica una lègge,
Fa ccome la padella: o ttiggne, o scotta.4
Ccusì:5 Vviva er Pastor, viva la gregge,
Viva er cucchiere e ll’animal che ttrotta,
Viva chi scrive e bbuggiarà cchi llegge.
Roma, 15 gennaio 1833
- ↑ Le leggi: la e va pronunciata aperta.
- ↑ Non sanno di nulla.
- ↑ “Jubilate Deo omnis terra.„
- ↑ Proverbio.
- ↑ Le parole che seguono in questo verso e tutto il verso ultimo del sonetto leggonsi scritte a carbone su moltissimi muri delle case di Roma.
Note
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