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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti dal 1828 al 1847
EPPOI?
Séguita a ffà sta vita, Zzaccheria:
Freghete l’orbo1 co’ ste tu’ donnacce:
La dimenica a mmessa nun annacce:2
Immriàchete3 sempre all’ostaria.
Strapazza er nome de Ggesummaria:
Giuchete er core,4 intosta a parolacce.5
Tu tte penzi6 che Ccristo nun ce sia,
E llui te sta a ssegnà ttutte le cacce.7
Va’, ccontinuva a vvive8in ner peccato,
Fra ccarte e ddonne, fra bestemmie e vvino:
Ma ar capezzale9 quer ch’è stato è stato.
C’è ppoco ar bervedé,10 ssor figurino;
E cquanno Cristo er culo l’ha vvortato11
Vall’a rripijja allora p’er cudino.12
Roma, 20 novembre 1831
- ↑ Fregarsi l’orbo: darsi alla cieca alle carnalità.
- ↑ Non andarci.
- ↑ Ubbriàcati.
- ↑ Giuòcati tutto.
- ↑ Rincara con parolacce; ostinati a dir parolacce oscene e empie.
- ↑ Ti pensi: ti vai figurando.
- ↑ Segnar le cacce: notare i falli. Metafora presa dal giuoco di palla.
- ↑ Vivere.
- ↑ Al punto di morte.
- ↑ Al belveder c’è poco: è vicino il successo. Belvedere è una parte del Vaticano.
- ↑ Voltare il culo, le spalle.
- ↑ allo a ripigliare allora pel codinio: richiamalo indietro, se puoi.
Note
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