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La santa Messa Er tisico
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1833

ER CALLARONE

     Propio è una smania de trincià la pelle
De sti servi de ddio cuer dinne1 tante!
Se chiama propio un volé ffà l’entrante
Sopra le cose senza mai sapelle!

     Guarda su cquella porta cuanti e cquante
Poverelli affamati e ppoverelle
Preparà li cucchiari e le scudelle
Pe’ la bbobba2 avanzata ar zoccolante.

     Senza li frati, che ttu cchiami avari,
Come farebbe inzomma a ttirà vvia
Sta frega3 de scudelle e dde cucchiari?

     Sèntime: infin che cc’è una porteria
Che ss’opri a ssatollà li secolari,
Nun pò vvédese ar monno caristia.


Roma, 8 gennaio 1833

  1. Quel dirne.
  2. Minestra di pane, sovente abborrata di altre grosse sostanze.
  3. Moltitudine.

Note

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