Questo testo è incompleto.
Er giudisce der Vicariato Er zitellesimo
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti dal 1828 al 1847

ER COMPANATICO DER PARADISO

     Dio, doppo avé ccreato in pochi ggiorni
Cuello che cc’è de bbello e cc’è de bbrutto,
In paradiso o in de li su’ contorni
Creò un rampino e ciattaccò un presciutto.

     E ddisse: «Cuella femmina che in tutto
Er tempo che ccampò nun messe corni,
N’abbi una fetta, acciò nun magni asciutto1
Er pandescèlo2 de li nostri forni».

     Morze3 Eva, morze Lia, morze Ribbecca,
Fino inzomma a ttu’ mojje a mman’a mmano,
Morzeno tutte, e ppìjjele a l’inzecca.4

     E tutte cuante cór cortello in mano
Cuanno furno a ttajjà fesceno scecca:5
Sò sseimil’anni, e cquer presciutto è ssano.

26 gennaio 1832

  1. Assoluto.
  2. Panem de coelo.
  3. Morì.
  4. All’azzardo.
  5. Far cecca: frase venatoria: «non colpire, non riuscire».

Note

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.