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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1837
ER COMPOSITORE DE LA STAMPARIA
Grazzie, n’avemo trenta, è er fin der mese:
Lo so, ssì,1 è er giorno c’ha da usscì er giornale.
E ssi nun essce? è ppeccato mortale?
Fina er monno? subbisseno le cchiese?
Sì vve2 state a pijjà ttutte ste sscese
De capo,3 finirete a lo spedale.
Un giorno ppiù, uno meno, è ppoco male.
Tutte-quante le smanie a sto paese!
Mica è ppoi pane: mica è ggran4 che ccasca.
Oggi o ddomani nun fa ppreggiudizzio:
Nun zò5 ccose che ppassino bburrasca.
Er giornale se lega6 ar fin dell’anno:
Dunque... Ebbè, ss’oggi vengheno a l’uffizzio
Lassateli venì: cce torneranno.
3 marzo 1837
- ↑ Se.
- ↑ Se vi.
- ↑ Affanni, pensieri, sollecitudini.
- ↑ Grano. In questa frase il popolo usa veramente l’apocope da noi adoperata. In generale ripeteremo che tutto quanto si legge ne’ versi del 996 è della schietta prosa de’ Romaneschi.
- ↑ Non sono.
- ↑ Si lega.
Note
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