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Er marito pascioccone Er compositore de la stamparia
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1837

ER ZOR CAMMILLO1

     E bbene, e bbene: e ddàjjela2 cór bene.
Io nun dico de nò, pe’ ddio de leggno!
Ma jje ne vojjo inzin’a un certo seggno,
E sserro l’occhi3 pe’ nun fà ppiù sscene.

     Doppo ch’Iddio lo sa ssi4 cquante pene
Me pijjo sempre pe’ sto bbell’ordeggno:5
Doppo che llei pò ddì6 ccome m’ingeggno
Pe’ mmantenejje7 le budelle piene,

     Nun passa ggiorno senza quarche vvojja,
Come le piastre io le zzappassi a ssome.
Ah! ll’omo è un gran cardeo8 quanno s’ammojja.

     Oggi madama vò ir caffè cór latte!
Io, sciorcinato9 stò a cquadrini come
Sant’Onofrio a ccarzoni, e llei ce bbatte.10

14 marzo 1837

  1. Vedi il precedente.
  2. E dagliela, cioè: “e ttorna„ sempre sullo stesso proposito.
  3. Dissìmulo.
  4. Se.
  5. Ordigno per “suggetto.„
  6. Può dire.
  7. Per mantenerle.
  8. Imbecille.
  9. Tapino.
  10. Batter di cassa, o semplicemente battere, batterci, vale: arrogarsi petulantemente la ragione avendo il torto.

Note

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