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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1832
ER CONFRONTO
Che! un zervitore appetto d’un cucchiere1
Che ttiè in mano la vita der padrone?!
Un zervitore, c’o sta a ffà er portrone
Sur cassabbanco,2 o arregge er cannejjere!3
Lo conosscete poco er mi’ mestiere,
Sor Decàne,4 pe’ mmette er paragone:
E vve date a scropì5 per un cojjone
Fascenno co’ sta scòrza6 er cavajjere.
Io guido li ppiù nnobbili animali
Ch’Iddio mettessi in ne la terra vòta,
E ttu ttiri ar padrone li stivali.
Tra li cucchieri nun c’è ggente ssciota:7
Ma ttu e li pari tui sai cuanto vali?
Cuanto un zomaro e un uditor-de-rota.8
Roma, 9 dicembre 1832.
- ↑ Sempre accesa è una generosa gara intorno alla dignità di un cocchiere posta in confronto con quella di un servitore.
- ↑ Panca esistente nelle sale de’ servi.
- ↑ Reggere il candelliere, tenere il moccolo, ecc., vale: “fare il testimonio degli altrui amori.„
- ↑ Decano dei servi di una famiglia, ma per omaggio si suole concedere questo titolo a qualunque altro servitore, al modo che si dà del reverendissimo ad ogni fratazzuolo.
- ↑ Scoprire.
- ↑ Livrea.
- ↑ Sciocca.
- ↑ Uditor di Rota è propriamente uno de’ XII prelati giudici di quel tribunale: ma in senso ironico dicesi anche de’ servi, per lo udir che fanno il romor delle ruote dietro a’ cocchi dei loro signori.
Note
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