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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1835
ER DISINTERESSE
Chiunque spacci che ttutti hanno er dono
De volé mmale ar prossimo, e cch’è rraro
De trovà ggalantommini, è un zomaro,
E ssi1 lo sento io, te lo bbastono.
Figurete che jjeri er cappellaro
Me dimannò: “Er cappello è ancora bbono?.„
Dico: “Sì, pperchè ssempre l’aripono.„2
Disce: “Bbravo, per dio! L’ho ppropio a ccaro.„
Poi l’oste disce: “E che vvò ddì? ssei morto?.„
Dico: “Er dottore m’ha llevato er vino.„
Disce: “Pòzzi3 morì cchi jje dà ttorto.„
Un momentino doppo ecchete ggiusto4
Er dottore, e mme fa:5 “Ccome stai, Nino?.„
Dico: “Bbenone„; e llui: “Quanto sciò6 ggusto!.„
10 gennaio 1835
Note
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