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La mojje marcontenta La sposa ricca
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1835

ER MARITO STUFO.

     Madalena, finisscela: e nnovanta.
Nun me róppe li fiaschi,1 Madalena.
Làsseme stà: nnun me fa ffà una sscena
De le mie. Ôh ttu sseguita: ôh ttu ccanta.

     Che lingue! Che ccervelli da catena!
Se ne perdi2 la razza tutta quanta!
E cce fiotteno poi s’uno le pianta,
E sse laggneno poi si3 un omo mena.

     Eh ddàjjela!4 Ho ccapito: ggià lo vedo
Che sta jjòja5 finissce cór pagòzzo.6
Io fo li fatti: a cchiacchiere te scedo.7

     Bbada, nun te fidà ssi8 ancòra abbozzo:9
Zittete llì, pperch’io sto un antro crèdo.10
E ppoi te do de piccio11 e tte scotózzo.12


12 febbraio 1835

  1. Non mi rompere il capo, o ecc.
  2. [Se ne perda: possa perdersene.]
  3. Se.
  4. Eh dagliela! E via innanzi così!
  5. Questa storia, questa molestia.
  6. Colla paga, colle busse.
  7. Ti cedo.
  8. Se.
  9. Soffro con pazienza.
  10. Un altro crèdo: tanto tempo in quanto si reciti un crèdo,
  11. Di piglio.
  12. Ti sfiguro. [Ma propriamente, scotozzà derivando da cotózzo, “collottola„, vuol dire: “rompere il collo„.]

Note

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