Questo testo è incompleto.
La morte de Tuta La mojje der giucatore (1835)
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1835

ER MISTIERE INDIFFISCILE

     Nun credessivo1 mai ch’er fasse2 prete,
E ddiventà pprelato e annà ppiù avanti,
Sii faccenna da poveri iggnoranti
E abbastino le store3 e le pianete.

     Va’ li Sommi Pontescifi: tra ttanti
San Pietro solo j’abbastò la rete.
Tutti l’antri,4 si5 mmai nu lo sapete,
J’e ttoccato èsse6 dotti a ttutti quanti.

     Io conosco un abbate che ttiè in testa
De finì Ppapa: ebbè, ssu li latini
Ce suda nott’e ggiorno e inzin de festa.

     E mmó studia li su’ Scisceroncini7
Pe’ imparà la ppiù ffàscile ch’è cquesta
De dì in latino: Alò, ppelle o cquadrini.

28 gennaio 1835

  1. Non credeste: non vogliate mai credere.
  2. Il farsi.
  3. Stole o stuoie sono nella lingua del Romanesco sempre store.
  4. Gli altri.
  5. Se.
  6. Essere.
  7. I suoi ciceroncini.

Note

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.