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La vedova affritta Er mistiere indiffiscile
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1835

LA MORTE DE TUTA

     Povera fijja mia! Una regazza
Che vvenneva1 salute! Una colonna!
Viè una frebbe,2 arincarza3 la siconna,
Aripète la terza, e mme l’ammazza.

     Io l’avevo invotita4 a la Madonna.
Ma inutile, lei puro me strapazza.
Ah cche ppiaga, commare! che ggran razza
De spasimi! Io pe’ mmé nun zò ppiù ddonna.

     Scordammene?!5 Eh ssorella, tu mme tocchi
Troppo sur farzo. Io so cc’a mmé mme6 pare
De vedemmela7 sempre avanti all’occhi.

     Fijja mia bbona bbona! angelo mio!
Tuta mia bbella! visscere mie care,
Che tt’ho avuto da dà ll’urtimo addio!

28 gennaio 1835

  1. Vendeva.
  2. Febbre.
  3. Rincalza.
  4. Questo invotire consiste nel fare assumere alle guarite una veste di baracane nero o violaceo e lucido, con attaccati ai fianchi due pendenti nastri coi colori di quella tal Madonna da cui si ripete la grazia.
  5. Scordarmene.
  6. A me mi. Vedi per questa ortografia la nota...
  7. Vedermela.

Note

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