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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1837
ER MODELLO
Lei entri in d’uno studio de pittore
E llodi quarche cquadro terminato:
Sente subbito dì:1 “Ggrazzie, siggnore;
Ma cche vvò vvede?2 è ttutto prossciugato.
Eppoi sta ttroppo male assituato:
A sto lume che cqui3 ppropio sce more.
Manco se scrope4 com’è ddiseggnato:
Nun ce se pò ccapì mmanco er colore.
Che jje ne pare? Ggià, è ’na prima prova...
E l’impasto? er maneggio der pennello?
Dichi5 la verità, ccome lo trova?
A li mi’6 quadri io nun je do apparecchio
D’avvelature.7 Llà, lo guardi in quello:
Je farà ppiù ffigura in ne lo specchio.„
11 giugno 1837
- ↑ Dire.
- ↑ Che vuol vedere?
- ↑ A questo lume. Il che qui è un ripieno.
- ↑ Neppure si scopre.
- ↑ Dica.
- ↑ A miei.
- ↑ Velature.
Note
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