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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1837
LE RASSOMIJJANZE
Er Conte è arto e ’r mi’ padrone è bbasso:
Lui1 ha er capello griscio2 e ’r Conte bbionno:
Uno tiè er viso ovato3 e ll’antro4 tonno:
L’amico è smirzo5 e ’r zor Marchese è ggrasso:
Er primo arriva un daïno, e ’r ziconno
Pijja fiato e sse6 sventola a ’ggni passo:
Uno se chiama Ggiorgio, uno Tomasso:
Quello pare er nipote e cquesto er nonno:...
Eppuro7 tutt’e ddua, sora Francesca,
S’hanno d’assomijjà ccom’e ggemmelli,
Come propio du’ gocce d’acqua fresca;
Pe’ vvia8 che la padrona, ch’è una quajja
Arisonata,9 ar praticà cco cquelli
Li pijja uno pell’antro e cce se10 sbajja.
11 giugno 1837
- ↑ Lui assolutamente significa: “il padrone.„
- ↑ Grigio.
- ↑ Ovale.
- ↑ Altro.
- ↑ Smilzo.
- ↑ Si.
- ↑ Eppure.
- ↑ Per motivo.
- ↑ Scaltra, maliziosa.
- ↑ Ci si.
Note
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