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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1831
ER PARTITO BBONO.
E crederessi tu Sartalaquajja
A stelocànna1 come vò Felisce?
Tratanto l’arimìstica,2 e ffa e ddisce,3
4Che ccarza e vveste, magna e bbeve, e scuajja.4
Lui strilla gnao,5 lui dorce la fusajja,6
Venne er regolo,7 bbono pe’ l’alisce;
Raschia li muri, allustra la vernisce,
8Va a ppesà er fieno e a ccarreggià la pajja.
Uno che nun avessi arte né pparte,8
Pò appettàttelo9 un’antra, no Artomira,10
Che nun viè ffinta a rrivortà le carte.
12Dice er proverbio che chi ammira attira;11
E un omo, fijja, che ssa ffà ttant’arte,
Pò avé in culo ggirone e cchi lo ggira.12
Morrovalle, 25 settembre 1831.
- ↑ [“E crederesti tu che Saltalaquaglia sia a estlocanda ecc.„] L’est-locanda è un cartello scritto anche oggidì in carattere gotico, che si appone alle porte delle case da appigionarsi. Qui è metafora di “vacuità di borsa; povertà.„
- ↑ Procaccia con industria.
- ↑ E tanto fa e dice, ecc.
- ↑ Spende senza economia.
- ↑ Grido de’ venditori di carne di carogne pe’ gatti.
- ↑ Grido di venditori de’ lupini.
- ↑ Nome romano di un’erba [cioè del“regamo„] che condisce bene le alici salate, [cioè le “acciughe„].
- ↑ Non sapesse e non possedesse.
- ↑ Appettare: porre in avanti con audacia.
- ↑ Altomira.
- ↑ Chi mira, tira. Metafora presa dalla venatoria.
- ↑ Checchessia e chicchessia. [È probabile che questo modo proverbiale derivi da una capricciosa allusione a Guiron li Courtois.]
Note
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