Questo testo è incompleto. |
◄ | La devozzione der Divin'Amore | Er partito bbono | ► |
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1831
LE SPACCONERÌE.1
’Gni sordo-nato dice che ssei l’asso,2
E vòrti3 l’ammazzati co’ la pala!
Prz,4 te fischieno, Marco: tiètte bbasso:
4C’ereno certi frati de la Scala.5
Te vedo, Marco mia, troppo smargiasso,6
E cquarchiduna de le tue se sala.7
Lassa de spacconà, nun fà er gradasso,
8E aricòrdete er fin de la scecala.8
A ssentì a tté, fai sempre Roma e ttóma,9
E poi ch’edè? viè spesso e vvolentieri
Chi tt’arizzòlla10 e tté ne dà ’na soma.
12Ognomo hanno d’avé li su’ mestieri:
Chi fa er boia, chi er re, chi scopa Roma:
Sei bbraghieraro tu? ffa’ li bbraghieri.
Morrovalle, 23 settembre 1831.
- ↑ “Millanterie:„ come [nel settimo verso] spacconà sta per “millantare.„
- ↑ Asse: principal carta a vari giuochi. [No. Asso anche in Toscana, e, credo, in tutta Italia. L’asse è altra cosa.]
- ↑ [Vòlti], rivolgi.
- ↑ Il suono del peto.
- ↑ Parte di ciò che si suol dire e cantare a chi millanta, cioè: C’erano certi frati della Scala, che dicevano cala cala. - Il Convento della Scala è in Trastevere, abitato dai Teresiani.
- ↑ Smargiasso, smargiassata, smargiassare, tutti vocaboli sinonimi di “spaccone ecc.„ Se non che lo smargiasso è “un millantatore che al romore delle parole unisce certa importanza di mimica.„
- ↑ Si sala onde fermare la corruzione.
- ↑ A’ ciarloni si ricorda il fine della cicala, che canta canta e poi crepa.
- ↑ Mari e monti.
- ↑ Ti dà le busse.
Note
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.