Questo testo è incompleto.
L'amore de li morti La datìva riddoppiata
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1835

ER PUPO.1

1.

     Che bber ttruttrù!2 oh ddio mio che cciammellona!3
Nò, pprima fate servo4 a nnonno e zzio.
Fàteje servo, via, sciumàco5 mio,
E ppoi sc’è la bbèbbella e la bbobbòna.6

     Bbravo Pietruccio! E ccome fa er giudìo?
Fa aéo?7 bbravo Pietruccio! E la misciona?8
Fa ggnào? bbravo Pietruccio! E cquanno sona?9
Fa ddindì? bbraavo! E mmo, ddove sta Iddìo?

     Sta llassù?10 bbraavo! Ebbè? e la pecorella?
Fate la pecorella a zzio e nnonno,
Eppoi sc’è la bbobbòna e la bbebbèlla.

     Ôh, zzitto, zzitto, via: noo, nnu’ la vònno.
Eccolo er cavalluccio e la sciammella...
Eh, sse11 stranissce un po’, mma è ttutto sonno.

20 settembre 1835


Note

  1. il puttino. [Dal lat. pupus.]
  2. Che bel cavallo!
  3. Ciambellona.
  4. Far servo, salutar colla mano.
  5. Ciumàco, cuor mio, o altro vocabolo carezzativo.
  6. La cosa bella e la cosa buona.
  7. Grido degli ebrei stracciaiuoli.
  8. Miciona: gattona.
  9. Quando è suonato il campanello di casa.
  10. Così dicendo s’innalzo verso il cielo l’indice disteso.
  11. Si.


2.

     Ajo,1 commare mia, ajo che ffiacca!2
Tenello3 tutto er zanto ggiorno in braccio!
Mai volé stà4 in ner crino!5 mai p’er laccio!6
Io nu’ ne posso ppiù: sso’ ppropio stracca.

     Lo vedete? Mo adesso me s’attacca,
E mmé la tira inzin che nun è un straccio.
Uf, che vvita da cani! oh cche ffijjaccio!
Làssela, ciscio,7 via: fermo, ch’è ccacca.

     Bbasta, Pietruccio mio, bbasta la sisa.8
Dajjela un po’ de pasce9 a mmamma tua...
Ecco er pianto. Che ggioia, eh sora Lisa?

     Ssì, ssì, mmó jje menàmo ar caporèllo.10
Bbrutta sisaccia, c’ha ffatto la bbua
A li dentìni de Pietruccio bbello.11

20 settembre 1835

  1. Ahi!
  2. Quale fiacchezza!
  3. Tenerlo.
  4. Voler stare.
  5. Crino è “quel cesto a campana, entro cui si pongono i bambini, perché si addestrino a camminare di per se stessi, senza cadere.„ [Camminarello, nell'Umbria; cestino, a Firenze.]
  6. Il laccio che loro si attacca dietro le spalle, onde sorreggerli nel camminare. [Dunque: laccio a Roma, lacci a Pistoia, falde a Firenze, dande a Siena, caide ad Arezzo, cigne a Lucca, e chi più n'ha, più ne metta.]
  7. [Vezzeggiativo che s' usa coi bambini.]
  8. Poppa.
  9. Dagliela un poco di pace.
  10. Al capezzolo.
  11. Così fin dai primi momenti della vita si principia ad educare i bambini alla vendetta delle reali offese e delle immaginarie, contro gli animati esseri e gl’inanimati.
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