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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1831
ER TIRATIRA
Nun te so cche risponne1 e ddichi2 poco
Quanno me chiami crapa3 e ggallinaccio:
Su sta mmerda sce4 do ssempre er gruggnaccio:5
E ’r più pegg’è6 che mmai nun trovo loco.
La strega che ccapiva ch’er mi’ foco
Stava agguattato7 sotto ar cenneraccio,
M’ha pijjato nell’ora der cazzaccio,8
E ecco cqui ricominciato er gioco.
L’ambra nun trova sempre la pajjetta:9
Tutto er ferro nun cià10 la calamita;
E nun c’è pe’ ’ggni uscello11 una sciovetta.12
Ma p’er cristiano13 Sta ssempre ammannita,
Come tavola d’oste, una saetta
Che de natura sua tira la vita.
Roma, 23 novembre 1831 - Der medemo
- ↑ Non so che risponderti.
- ↑ Dici.
- ↑ Capra: sciocco.
- ↑ Ci.
- ↑ Il viso.
- ↑ E il peggio è.
- ↑ Nascosto.
- ↑ Dicesi che qualsivoglia uomo abbia ogni giorno un’ora di debolezza.
- ↑ Paglietta.
- ↑ Non ci ho: non ha.
- ↑ Per ogni uccelletto.
- ↑ Civetta.
- ↑ Pel cristiano: per l’uomo. I soli cristiani sono uomini. Tutti gli altri non sono uomini, ma turchi, ebrei, ecc.
Note
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