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Er Concrave Er Papa novo
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1832

ER ZEGATORE

     Lassa che vvienghi: io nun je curro appresso:
Me perzéguiti o nnò, ssò ssempre uguale.
Io? nemmanco a le bbestje io je fo mmale:
Amo er prossimo mio com’e mme stesso.

     Ma cche sse crede? c’a inzurtamme1 adesso
Su la strada, o in bottega, o ppe’ le scale,
Lui me pijji er desopra? è ttal’e cquale:
Arrosto è ssempre arrosto, e allesso allesso.

     Chi er fosso vò scavà, ccasca in ner fosso:
Chi ccerca de fregà2 ll’antri, se frega:
E io sò pe’ li su’ denti un gran dur’osso.

     È ssempre er legno che ccede in bottega;
O cche la sega je lavori addosso,
O cche llavori lui sopr’a la sega.


Roma, 26 novembre 1832

  1. Insultarmi.
  2. Rovinare.

Note

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