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ER ZERVITOR DE LO SPAGGNOLO
1.
Se n’abbuscheno1 pochi. È ccirca un mese
Che sto a sservì cco un Monziggnor de Spaggna,
Che er core l’averebbe, ma sse2 laggna
D’avé pperze3 l’entrate der paese.
Perché llà cc’è una guerra che sse2 maggna
Le scittà ccom’e ttordi, e ffanno imprese
D’arrubbà, scannà ffrati, e bbruscià cchiese,
Che l’inferno ar confronto è una cuccagna.4
E cche ddiavolo mai so’5 ddiventati
L’ommini a sto monnaccio bbuggiarone?
Canìbboli,6 Medèi, gatti arrabbiati?...
Sverzà7 ffiumi de sangue, dio sagraschio,8
E pperché? ppe’ ddiscìde9 si er10 padrone
L’abbino da pijjà11 ffemmina o mmaschio!12
16 agosto 1835
Note
- ↑ [Se ne buscano.]
- ↑ 2,0 2,1 Si.
- ↑ D’aver perdute.
- ↑ [Allude alla guerra civile che allora si combatteva tra i fautori di Maria Cristina, vedova di Ferdinando VII e reggente per sua figlia Isabella, e i fautori di suo cognato, don Carlos, che alla morte di Ferdinando era stato proclamato re dai codini e dai clericali. In codesta guerra, durata sette anni, si commisero, da una parte e dall’altra, crudeltà ed eccessi d’ogni maniera. E il Diario di Roma dell’8 agosto 1835, cioè d’otto giorni innanzi che il Belli scrivesse questo sonetto, recava: "Una lettera degna di fede, di Barcellona, in data dei 24 luglio, dice: Ieri fu un giorno di orrore nella città di Reus, distante tre ore da Tarragona. I rivoluzionari abbruciarono ivi i due conventi de’ Francescani e de’ Carmelitani Scalzi, ed uccisero barbaramente tutti i Religiosi, soli quattro rimanendone in vita fra tutti e due i conventi ...„ (E le stesse scene di fuoco e di sangue si ripeterono la notte del 25 al 26 luglio in quasi tutti i conventi di Barcellona, e poco dopo a Murcia, a Cordova, ecc. V. i numeri successivi del cit. Diario.) “I rivoluzionari vollero con questo sacrilego massacro vendicare la sconfitta ricevuta da essi in due combattimenti co’ Carlisti.„ Ma il vero è, che preti e frati combattevano anche loro, infiammando con la parola, e non pochi anche con l’esempio, i Carlisti; né si ebbe vergogna di far complice di quelle carnificine il mite nome di Maria Addolorata. V. subito la nota 3 del sonetto seguente.]
- ↑ Sono.
- ↑ Cannibali.
- ↑ Versare.
- ↑ Giuramento circospetto onde non dire: Dio sagrato.
- ↑ Per decidere.
- ↑ Se il.
- ↑ L’abbiano da pigliare.
- ↑ [V. la nota 5.]
ER ZERVITOR DE LO SPAGGNOLO.
2.
Sì, Mmonziggnore ha ppatriotti a ccena,
Pe’ vvia1 ch’er lòro Re, ttra cquell’orrori,2
S’è ffatto un generale ch’è una sscena!
E ssai chi? La Madòn de li dolori.3
Lui j’ha mmannato st’indispaccio.4 — Fori:5
A Ssu’ Eccellenza Maria grazzia-prèna;
E ddrento poi: Menate, addio. — Che onori!
Menate! E llei, c’ha sette spade, mena.
Come sarebb’a ddì? rridi, Bbennardo?
Ma ssenti er resto; e, da povero coco,6
Bennardo mio, me chiamerai bbusciardo.
Ar general Madonna er Re bbizzoco7
J’ha ddato un certo capitan Stennardo8
Perchè ccommanni l’esercizzie9 a ffoco.
16 ottobre 1835
Note
- ↑ Pel motivo.
- ↑ [V. la nota 5 del sonetto precedente.]
- ↑ [Questo fatto, empio e grottesco insieme, era così raccontato e lodato dal Diario di Roma del 3 ottobre 1835, il quale, d’accordo col suo padrone Gregorio XVI, favoriva i Carlisti: “La Santissima Vergine Addolorata è stata da Carlo V, con decreto dei 2 di agosto, dichiarata Generalissima delle sue truppe, ed ha, per motivi di venerazione e di religiosa pietà, distinto col titolo di Generalissimo lo stendardo reale, su cui è rappresentata questa Augusta Immagine; e in conseguenza ha ordinato che l’Augusto reale vessillo non venga inclinato innanzi ad alcuno, neppure innanzi a sè. La benedizione di questo vessillo ha avuto luogo nella Chiesa di S. Giovanni di Estella in presenza di una parte del reggimento de’ lancieri di Navarra, e di alcuni altri distaccamenti di diversi corpi. Il predetto vessillo era stato collocato innanzi l’Altar maggiore. Il Re era circondato dai suoi fedeli servitori, il Conte di Villemur, temporaneamente ministro della guerra, D. Carlo Cruz-Major, Gonzalez Moreno, e da altri personaggi addetti allo stato maggiore general dell’esercito. Il vessillo fu benedetto dall’illustre D. J. Echevarria Cappellano generale dell’esercito, e quindi consegnato al Colonnello dei lancieri di Navarra, cui S. M. il Re ne ha affidata la custodia. In tale circostanza S. M. pronunciò un commovente discorso, col quale mentre tributò i dovuti encomi al valore de’ suoi fedeli soldati, diede a conoscere che il vessillo che veniva loro affidato era stato a tale effetto ricamato dalla sua augusta cugina la Principessa di Beira, essendo andato perduto quello già pur ricamato dalla defonta augusta sua consorte. (Dall’Univers Religieux.„]
- ↑ Questo dispaccio.
- ↑ Fuori.
- ↑ Nel profferire queste parole, da povero cuoco, si dovrà porre la mano al petto in atto di giuramento.
- ↑ [Bigotto.]
- ↑ Stendardo. E realmente il buon Carlo V nominò capitano lo stendardo de’ Sette Dolori.
- ↑ Perchè comandi gli esercizi.