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Er decane e er chirico Er purgante
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1831

ER ZERVITORE IN ZALA.

     Chi è? — Amici. — Favorischi puro:1
Entri drento, lustrissimo. — Addio, Tacchia.
— Oh ggente!2 sto paìno3 c’aricacchia,4
4Lui mette er chiodo, e la padrona er muro.5

     Er povero sor Conte st’osso duro
Nun vorrebbe iggnottillo,6 ma ss’abbacchia.7
Già cch’ha arzato le penne de cornacchia,
8Nun vò ffà rride er monno, io me figuro.

     Pe’ mmé nnun parlo mai, perch’ho pprudenza;
Ché ssi vvolessi dì, cce n’ho, Mmadonna!,
D’empìnne un cassabbanco8 e ’na credenza.

     12Bbasta, l’amico ch’è mo entrato, affonna;9
Lui10 abbòzza;11 ma llei ch’è dde cuscenza,
A uno la fa cquadra e all’antro tonna.12

A Valcimara, 28 settembre 1831.




  1. Pure.
  2. [Oh amici!]
  3. Zerbino. [V. la nota 2 del sonetto:Er guitto ecc., 17 febb. 30.]
  4. Ricacchiare, vale: “risbocciare, ricomparire dopo essersi alquanto dilungato.„
  5. Metafora indicante intrigo carnale.
  6. Inghiottirlo.
  7. Si accomoda, cede, abbassa l’umore.
  8. Panca ove si assidono i servi nelle sale. [Cassapanca.]
  9. Dà dentro.
  10. Lui, assolutamente, nella bocca de’ servi, vale sempre: “il padrone,„ come in quella delle mogli significa: “mio marito.„
  11. Questo verbo corrisponde perfettamente al senso dell’endurer dei Francesi.
  12. Farla tonda, cioè “farla pulita.„ Inganna entrambi.

Note

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