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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1833
ER ZERVITORE QUARELATO
Oh,1 cquanno lei me parla d’un brillante,
C’intennemo,2 e nnun ciò3 ggnente in contrario;
Ma nnò cquanno me disce un zolitario,
Credenno de parlà cco un iggnorante.
Drent’a un libbro ch’io sempre me sce svario4
C’è: er zolitario è un vermine c’ha ttante
Canne de vita, o un passero, o un birbante
Che ccampa cór diggiuno e ccór breviario.
Cuer che ppoi disce la padrona mia
Ch’io nell’essenza5 sua je l’ho ttruffato,
La mi’ padrona disce una bbuscìa.
In cuesto io nun ciò ccorpa6 né ppeccato:
L’anello suo je l’ho pportato via,
Perchè nnun je l’avessino7 arrubbato.
Roma, 10 febbraio 1833
- ↑ Oh, pronunziato con prolungato suono, esprime affermazione e concordanza di opinioni.
- ↑ Ci intendiamo.
- ↑ Ci ho.
- ↑ Mi ci diverto.
- ↑ Assenza.
- ↑ Colpa.
- ↑ Avessero.
Note
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