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Traduzione dal latino di Anonimo (1884)
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CLXXI
Di un cavaliere fiorentino che finse
di andar fuori di casa e senza saputa della moglie
si nascose nella stanza da letto.
Un cavaliere fiorentino, uomo podagroso, il nome del quale taccio per suo onore, aveva moglie e questa aveva gittati gli occhi sull’intendente della casa. Di ciò s’era egli accorto, e in un giorno di festa finse d’andar fuori di casa, e nella stanza da letto, senza saputa della moglie, si nascose. Questa, credendo che il marito fosse lontano, andò tosto dall’intendente e lo chiamò nella stanza: “Voglio, gli disse dopo poche parole d’accoglienza, che noi facciamo fra di noi qualche giuoco.” E avendo l’altro acconsentito: “Fingiamo, disse la donna, di fare fra di noi la guerra, poi concludiamo la pace.” E poichè l’altro non capiva: “Lottiamo un poco, disse ella, e quando mi avrai distesa per terra, metti la tua freccia nella mia ferita e allora con iscambievoli baci concluderemo la pace.” E la cosa piacque molto all’uomo, che aveva sempre udito da tutti far le lodi della pace e che la pace sarebbe stata tanto soave. E poichè entrambi giacevano e omai si preparavano alla pace, il marito uscì dal nascondiglio: “Cento volte, egli disse, ai miei giorni ho io procurata la pace; ma questa sola contro l’uso mio, non voglio che si faccia.” Così se ne andarono, senza aver potuto concluderla.