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Traduzione dal tedesco di Giovita Scalvini, Giuseppe Gazzino (1835-1837)
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Faust e Mefistofele.
Faust. Nella miseria! Disperata! Lungamente tapina sovra la terra, ed ora prigioniera! Quella soave anima, gettata come un malfattore in un carcere, è riservata a tormenti spaventevoli! fin là! fin là! — Perfido, indegnissimo spirito, e tu mi hai tenuto nascosto ogni cosa! — Sta, sta qui ora! Torci minaccioso in qua e in là que' tuoi occhi diabolici! Statti, e insultami della tua insoffribile presenza! Prigioniera! In rovina irreparabile! Data in preda ai mali spiriti, e alla spietata giustizia degli uomini! E tu intanto mi allettavi a schifosi dissipamenti, mi celavi le sue crescenti miserie, e la lasciavi priva di ogni soccorso perire.
Mefistofele. Non è la prima.
Faust. Cane! belva abbominevole! Oh, mutalo, infinita sapienza, muta quell'abbiettissimo nella sua prima! forma di cane; tornalo qual egli era, quando si dilettò di saltarmi innanzi la notte; di voltolarsi a' piedi del pacifico viandante, per gittarsegli di poi sulle spalle, allorché lo avesse stramazzato. Travolgilo nella prediletta sua forma, talché si strascini sul ventre dinanzi a me nella polvere, ed io lo pesti coi piedi, il reprobo! Non è la prima! Oh, miseria! miseria! Nessun'anima umana potrà mai concepire come più di una creatura sia cotesta in tanta profondità di mali, — come la prima, contorcendosi negli spasimi della morte, non bastasse a riscattare tutte le altre dinanzi all'infinita misericordia. A me l'affanno di quest'unica strazia profondamente il cuore, e tu sogghigni placidissimo sul destino delle migliaja.
Mefistofele. Ecco, noi siamo di bel nuovo fuori dei gangheri. Quest'è il termine dove il senno degli uomini si smarrisce, e dà in pazzie. Perché vuoi tu fare comunanza con noi, se sei inetto a tenerci dietro? Vuoi volare e non sai se non ti girerà il capo. Dimmi, ci siamo noi cacciati intorno a te, o tu intorno a noi?
Faust. Non digrignare così contro di me quegli ingordi tuoi denti! Mi fai ribrezzo! — Eccelso, ineffabile Spirito, tu che hai degnato di apparirmi, tu che discerni il mio cuore e l'anima mia, perché mi hai tu dato alle mani di questo ignominioso, il quale si pasce di mal fare e giubila nello sterminio?
Mefistofele. Hai tu finito?
Faust. Salvala, o guai a te! Sul tuo capo la più spaventevole delle maledizioni per migliaja d'anni.
Mefistofele. Io non posso sciogliere i ceppi del Vendicatore, né disserrare i suoi chiavistélli — Salvala — Or chi l'ha, dimmi, precipitata? Io o tu?
(Faust guarda torbidamente qua e là.)
Vai tu cercando la folgore? Gran fortuna che non fosse conceduta a voi miserabili mortali. Infrangere chi ti si fa innocentemente incontro, è il modo con che i tiranni si disfogano ne' loro frangenti.
Faust. Conducimi a lei, e saprò io liberarla!
Mefistofele. E il pericolo al quale ti metti? Ben sai che giace tuttavia sulla città il sangue che tu hai scelleratamente versato di tua mano. Spiriti vendicatori si aggirano sul sepolcro del trucidato, e spiano il ritorno dell'assassino.
Faust. Questo ancora ho da udire da te? Mostro, sopra di te la morte e la perdizione di un mondo! Guidami a lei, dico, e la libera.
Mefistofele. Io ti sarò scorta, e quanto posso fare, odi. Ho io ogni podestà in cielo ed in terra. Offuscherò i sensi del carceriere, e tu intanto impossessati delle chiavi, e traggila fuori da te; ché non può esser fatto che per mano dell'uomo. Io veglierò. I cavalli magici saranno in pronto, e vi rapirò meco lontano ambidue. Tanto io posso.
Faust. Su, e via!