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Dante Alighieri - Il Fiore (XIII secolo)
CVIII
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CVIII
Falsembiante.
«Ma quand’i’ truovo un ben ricco usuraio
infermo, vòl sovente a vicitare,
chéd i’ ne credo danari apportare
4non con giomelle, anzi a colmo staio;
e quando posso, e’ non riman danaio
a sua famiglia onde possa ingrassare.
Quand’egli è morto, il convio a sotterrare;
8po’ torno e sto piú ad agio che ’n gennaio.
E sed i’ sono da nessun biasmato,
perch’io il pover lascio e ’l ricco stringo,
11intender fo che ’l ricco ha piú peccato;
e perciò sí ’l conforto e sí ’l consiglio,
insin che d’ogne ben s’è spodestato,
14e dato a me, che ’n paradiso ’l pingo.»
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