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III. Movimenti del mare
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iii. — movimenti del mare.

217. In qualunque parte del littorale d’Italia vi portiate per guardare il mare, vedrete quanto la sua superficie sia lontana dal potersi chiamare immobile nemmeno per breve tempo. Anche durante la calma più piatta, quale si osserva sovente nei giorni d’estate, vi osserverete sempre un morbido ondeggiare: altre volte onde più vive corrono rotolando a frangersi sulle arene del lido, in lunghi cordoni di spume. Ma soffia il vento, scoppia la tempesta, e il mare sembra rimescolarsi fino al fondo, e le onde muggenti a guisa di mobili montagne, sormontate da creste schiumose, assalgono furibonde gli scogli, quasi minaccino di ingojare la terra.

218. Prescindendo però da qualunque impulso che il mare possa ricevere dai venti, supposta la calma più perfetta per mesi ed anni, voi non tardereste ad accorgervi che esso gode di un movimento particolare, di una specie di palpito, per cui alternatamente di sei in sei ore si alza e si abbassa, fluendo verso terra due volte in ventiquattro ore, e rifluendo in sè stesso altrettante nello stesso tempo. Questi movimenti alterni dì flusso e di reflusso si chiamano maree; quindi l’alta e la bassa marea.

219. Se voi prendete una bottiglia vuota e ben tappata e la buttate in mare, essa vi rimarrà galleggiante. Non vi aspettate tuttavia che essa stia ferma in quel posto; essa invece comincia a muoversi, portata chi sa dove lontano lontano, finchè venga rigettata su qualche spiaggia. Si conoscono delle bottiglie che, abbandonate nel bel mezzo dell’Oceano, furono poi raccolte altrove le mille miglia lontano. Questo movimento della superficie del mare corrisponde ordinariamente alla direzione dei venti dominanti.

220. Ma il mare non si muove soltanto alla superficie. Si è discorso alcun poco delle montagne di ghiaccio (§ 102), e vi ricorderete che esse, per quanto si mostrino elevate sul pelo delle acque, misurino sempre su per giù il sestuplo di profondità sottomarina. Ora è avvenuto sovente di osservare di tali masse che viaggiano contro vento. Non è dunque il vento che le spinge, ma una corrente sottomarina più forte di esso. Si trovò infatti che l’Oceano è percorso da molte correnti superficiali o sottomarine che fluiscono dalle regioni polari verso l’equatore o viceversa.

221. Noi abbiamo già dunque quattro fatti da registrare riguardo alla fisica del mare: 1.° la superficie delle acque è mossa continuamente dai venti che sollevano le onde; 2.° il mare si alza e si abbassa alternatamente per effetto delle maree; 3.° i venti determinano delle correnti superficiali nella stessa loro direzione; 4.° il mare, come l’atmosfera, è percorso da correnti superficiali e sottomarine.

222. Accontentiamoci per ora di studiare un pochino il primo fatto, cioè il fenomeno delle onde marine.

223. Le cose più famigliari possono istruirci circa il modo con cui opera la natura a grande scala. Proviamoci a soffiare sul labbro di una bacinella o di una vasca piena d’acqua. Vedete tosto levarsi le onde le quali, partendo dal punto dove il soffio percuote l’acqua, si estendono a tutta la sua superficie, finchè vengano a frangersi contro l’opposta sponda dal bacino.

224. Non altrimenti si comportano le onde del mare quando soffia il vento a partire da un punto qualunque. I movimenti dell’acqua dipendono dunque dai movimenti dell’aria. Il vento e il soffio che esce dalla vostra bocca agiscono adunque nello stesso modo. I primi soffii di vento non fanno che increspare la superficie del mare; ma la forza accumulata dai soffii ripetuti e continuati per lungo tempo, solleva bentosto onde schiumose, a cui tengon dietro, con foga crescente, onde furiose e smisurati cavalloni.

225. Le onde rotanti verso terra, una dopo l’altra urtano il lido, come fanno le piccole onde contro la sponda della vostra bacinella, e continuano egualmente a sollevarsi anche lungo tempo dopo che il vento è cessato. La superficie delle acque è, sotto questo rapporto, sensibilissima, tanto che, mossa una volta, non cessa di ondeggiare tosto che cessi la causa dell’ondeggiamento, ma continua un certo tempo, finchè a poco a poco ritorna alle acque la primitiva immobilità.

226. La calma del mare è dunque un effetto della calma dell’atmosfera. Ma questa calma perfetta è fenomeno assai raro, e perciò la superficie del mare è quasi sempre agitata. Quando poi infuria la tempesta non è a dire con qual forza le onde furiose assalgano il lido, battendo in breccia, a guisa di formidabile ariete, le terre.

227. Voi non ignorate certamente il fatto della continua demolizione dei littorali per mezzo delle onde. Le dighe sfondate, gli scogli demoliti, enormi porzioni di coste strappate via dai marosi, e i bastimenti sfracellati contro gli scogli, sono fatti che attestano ogni anno la prepotenza delle onde. Dunque non sono soltanto le pioggie, il gelo, i torrenti che congiurano alla demolizione delle terre: possente distruttore è il mare; forse il più vorace di tutti.

228. Le coste a scogliera mostrano talvolta nella maniera più evidente le diverse fasi di questa lotta tra il mare e le terre. Qui è un gran gradino di nuda roccia alla cui base si distende il mare, che incessantemente lo flagella. La base stessa è qua e là scavata da caverne o da gallerie che si insinuano profonde tra gli scogli sporgenti. Staccata dalla scogliera sporgono dalle onde dei piloni di roccia, che un giorno ne facevano parte, ma ne furono isolati dalla furia dell’onde per la demolizione di quella porzione di roccia che li riuniva alla scogliera. Più internati verso il mare osservansi altri monconi di scogli che sporgono appena il capo dall’onde, testimonî di più antica rovina, e ancor più 17. — Scogliera littorale demolita dal mare. dentro, il rompersi dei marosi accusa altri scogli già interamente decapitati e sommersi, reliquie di più antiche scogliere demolite dal mare. Non è egli vero che quella costiera vi rinnova sotto gli occhi il fenomeno del progressivo avanzarsi del mare entro terra?

229. Sulle coste orientali d’Inghilterra, dove le roccie si prestano più facilmente ad essere erose, l’avanzamento del mare avviene in misura di circa un metro all’anno. Borgate e villaggi furono le une dopo gli altri inghiottiti, e sulle aree ove essi sorgevano anticamente, spumeggiano da lungo tempo le onde del Mare del Nord. Molto minore è invece la rovina delle coste occidentali dell’Irlanda e della Scozia, dove le rocce sono più dure e resistenti.

230. Vale la pena di starci ad esaminare più attentamente in qual modo si esercita sulla terra questa azione devastatrice del mare. La cosa è facile, quando vogliate rimanere per qualche tempo a guardare ciò che avviene sopra una spiaggia rocciosa. Fermatevi su qualche porzione sabbiosa o ghiajosa del lido, quando vi si frange un’onda, e badate a quello che succede nell’istante che l’onda infranta si ritira. Voi vedrete allora che i grani di sabbia e i ciottoli, dopo essere stati spinti verso la costa, si ritirano coll’onda essi pure, sdrucciolando giù dal pendio del lido verso il mare. Se il materiale è grossolano, si sente allora un fragore aspro e rôco, prodotto dai ciottoli che mutuamente si sfregano: un romor tale, da sentirsi talvolta le miglia lontano. La nuova onda che viene, urta di nuovo quelle sabbie e quelle ghiaje, che sono di nuovo risospinte verso la spiaggia, per essere una seconda volta riassorbite dall’onda che si ritira e lascia il posto ad una terza, che farà lo stesso.

231. Effetto di questo via vai continuo è il rodersi, il macinarsi reciproco dei grani di sabbia e dei ciottoli quasi sotto una macina, e quindi un continuo farsi più piccoli, un trasformarsi della ghiaja in sabbia, della sabbia in fango, che l’onda trasporta sempre più lontano, finchè lo lascia cadere nelle profondità imperturbate del mare.

232. Così si consumerebbero interamente i detriti marini, e tutto si ridurrebbe in una impalpabile fanghiglia, se non fosse continuamente supplito da nuovo materiale che il mare riceve dai fiumi, o va direttamente a pigliarsi esso medesimo, demolendo le coste, come abbiam detto. Le sabbie stesse e le ghiaje, che ogni onda sospinge furiosa contra il lido, gli valgono a battere in breccia gli scogli. Una certa porzione del detrito si insinua anzi tutto nei crepacci e nei piccoli seni delle scogliere. I grani e i ciottoli, sdrucciolando e rotando sopra sè stessi ad ogni ondata, finiscono a trapanarne la base scavandovi delle caverne; precisamente come abbiam visto (§ 174) scavarsi a seni e cavernosità il letto e le sponde di un torrente che seco trascina ed aggira sabbie e ciottoli. I ciottoli, che rimangono triti alla loro volta in questo processo, sono immediatamente suppliti da altri che il mare vi sospinge. Entrando, a mare tranquillo, in una di queste caverne littorali, ne vedete le pareti e la vôlta rôse e lisciate, e il pavimento coperto di ciottoli lisci e rotondi.

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