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XII.
Mochi, incontrando la Marietta per le scale, soleva fermarla e stender la mano per carezzarle il mento, nell’informarsi della salute della padroncina.
— Giù quella mano!... Non può tenerla a posto? — essa gli diceva tirandosi indietro.
— Come sei cattiva!
— Non capisce che ha i piedi dentro la fossa?
Glielo ripeteva sovente. Quella mummia le faceva rabbia, per via della sua padroncina. Massime dopo che questa le ebbe accennato in un momento di sfogo, la speranza, l’unica speranza, che le sorrideva.
— Ma dice davvero, signorina? E perchè non uno di quegli altri? Il signor Merli, per esempio, un buon ragazzo?
Giacinta scrollava tristamente il capo.
— O il signor Porati, che almeno deve avere i quattrini a staia con quell’usuraio del suo babbo.
— Dio mio!... Non vuoi persuaderti!...
— O il signor Andrea? Non è ricco, tutt’altro! Ma è un giovanotto ben fatto, con certi occhi!... E sa cantar così bene!
Giacinta si spazientiva.
— Ma quel figuro (scusi signorina!) tutto ripicchiato e incerottato, che forse, anzi certo, ha i denti posticci, e porta il busto per tenersi ritto!
Vedendo la sua padroncina a testa bassa, Marietta soggiungeva:
— E proprio lui le ha proposto...?
— Oh, no!... Non mi ha detto mai nulla.
Marietta si stringeva nelle spalle, incredula che una così pazza risoluzione potesse durare.
— Povera signorina!... A furia di tormentarsi!
Non si dava pace. Oh, voleva vederci chiaro in questo imbroglio! E la prima volta che il Mochi la fermò, si lasciò prendere pel mento, si lasciò fare la carezzina.
— Giusto parlavamo di lei poco fa. La signorina le vuol bene, sa? Dice che è il suo solo e vero amico.
— Dice così?
— Proprio.
Mochi, sorridendo di compiacenza, attorcigliavasi la punta di un baffo.
Sorrideva anche la Marietta, decisa quel giorno a tirargli su le calze. Infatti non scappò subito via, e drizzò gli orecchi appena il Mochi cominciò a far gli elogi della padroncina, parlando a voce bassa, come si fosse trattato di un segreto.
— Buona, sì, ma disgraziata! — egli concludeva. — Dote, poca o punta. Poi... Capisci?... Un pregiudizio; ne convengo!... Ma la società è fatta così, impastata da cima a fondo di pregiudizii forti più delle stesse leggi... Capisci, carina?
— Però, una persona savia, come lei!... — insinuò Marietta, senza badare alla nuova carezzina con cui il Mochi le solleticava la gola.
Parve ch’egli esitasse un momento, aggrinzando la guancia sinistra, per la lente.
— Se potessi parlarti con più comodo... a quattr’occhi?
E guardava attorno.
— Parli pure.
— No, un’altra volta.
— Che voleva dirle quella mummia, a quattr’occhi?
Marietta smaniava alle confidenze a miccino e a riprese che Mochi le andava facendo, come se gli costassero quattrini e cercasse di spenderli un po’ alla volta.
— L’ha dovuta ammaliare! — gli disse una mattina, per spronarlo. — Peccatoraccio! — A gatto vecchio sorcio tenerello.
Ma colui non si decideva a vuotare il sacco, masticava le parole:
— Infine, coi pregiudizi della società, capisci, renderei un bel servigio alla Giacinta...
— Carità pelosa!
— Però...
— O che non si fida?... Parli chiaro.
Se ne fidò tutt’a un tratto, espansivo, carezzandole più amichevolmente le guancie e il mento.
— Sarebbe — s’interruppe — per legarci meglio, intendi?... Per cominciare, insomma...
— Già! Già!
— Se tu mi dessi un po’ di mano...
— Già! Già!
Era stata a sentirlo fino all’ultimo, guardandolo negli occhi approvando col capo, per non insospettirlo, intanto che le mani le prudevano e la lingua le si dimenava fra i denti attossicata..
— Va bene così? — conchiuse il Mochi.
Marietta lo squadrò da capo a piedi, con gli occhi che le schizzavano fuori...
— Si netti la bocca! — rispose, facendo anche il gesto.
E scappò via.
— Ho detto per chiasso! — balbettò il cavaliere che non se l’aspettava — Ho detto per chiasso, sai?...
— Si netti la bocca! — gli ripetè Marietta di cima al pianerottolo del secondo piano. — Ah, se non parlo subito, scoppio!
Ma da Giacinta c’erano la Elisa e la Gina venute per osservare alcuni merletti antichi che questa voleva imitare; e tutte e tre, chine attorno al modello, studiavano e discutevano i punti, non si accorsero di Marietta che aveva aperto e richiuso l’uscio.
Così essa stette fino a tardi, come sulle spine:
— Quelle due civettuole non andavano più via!
Poi sopravvenne la signora Maiocchi per riprendere la figlia e la Gina.
— Non la finiva più nemmeno lei!
E, appena chiuso l’uscio di casa dietro le spalle di quelle signore, Marietta piombò in camera di Giacinta.
— Ah, scoppio!... Senta, senta qua, signorina!
Parlava agitata, mangiando mezze le parole, correggendosi, tornando addietro se si risovveniva di un piccolo particolare dimenticato, minuziosissima:
— Aveva fatto bene?
— Benissimo! — rispondeva Giacinta, impaziente.
E intanto che quella proseguiva, senza farle grazia di nulla, ripetendole, parola per parola, i discorsi del Mochi, imitandone, per abitudine e per maggiore evidenza, anche i gesti e la voce, Giacinta trasecolava; provava, ad occhi aperti, l’incubo dei cattivi sogni che la opprimevano la notte.
— Era dunque per questo?... Per questo?
Scoppiò in un pianto dirotto, col viso fra le mani, accasciandosi sotto il gran peso di quell’onta inaspettata. Poi tentò di svincolarsi dalle braccia della Marietta che piangendo anche lei le diceva:
— Non è nulla!... Tanto meglio!...
— Vo’ andar via! Vado via!...
Si asciugava in fretta le lagrime, aggirandosi barcollante, per la stanza, in cerca di qualche cosa, ed ella stessa non sapeva che, ripetendo:
— Vo’ andar via! Vado via!...
— Dove? Vergine santa! dove?
— In qualche posto, a far la serva... a chieder l’elemosina, lontana di qui, fuori di queste mura piene di vergogna e di angoscia!...
— Ma le pare!... Dia retta!
— Fossi morta un anno fa!
Rimase per parecchi giorni come trasognata, chiusa nella sua camera col pretesto d’una emicrania, sentendosi sempre sulla faccia l’impronta di un piede che l’avesse calcata.
— Ah, la fatal catena si era ribadita!... E lei che già si lusingava di essere sul punto di spezzarla!... Perchè, perchè non l’afferrava a due mani, per sbatterla in viso alla gente? Così doveva fare, così!... E quella sua mamma che non cessava di torturarla anche lei!... Quella sua mamma!... Oh Dio! si sentiva diventare malvagia!... Il sangue le si trasmutava in fiele!... La trascinavano pei capelli a far qualcosa di enorme!
E tramortiva dallo spasimo, cogli occhi al soffitto, stanca di piangere.