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XIII.
Andrea, che non l’aveva più vista da una settimana, la fermò una sera in mezzo all’uscio del salotto, dove si era appostato per attenderla.
— È tuttavia sofferente?
— No; grazie.
Voleva evitarlo; ma la commozione l’arrestò, impacciata, sotto quegli sguardi indagatori.
— E... il mio noviziato — egli disse, esitando — dovrà ancora durare?
— Non insista, per carità!
Andrea chinò il capo mentr’ella passava.
Quelle umili parole — il mio noviziato — le rimasero dentro l’orecchio tutta la serata e giorni appresso, assediandola, rimestandole in fondo al cuore le dolci sensazioni e il soave sentimento ch’essa si era sforzata di far tacere, domandandosi atterrita: E poi?... e poi?
— Povero giovane!... Non si stancava dunque?
E trovossi insensibilmente ricondotta verso di lui, ma senza speranza, soltanto per dimenticare quell’altro che l’aveva così offesa, e con la gioia d’una convalescenza interiore assai più bella della prima.
— Che tormento il dover dissimulare di amarlo!... Ma doveva far così, suggellarsi le labbra!... Chi le garantiva l’avvenire?... Se oggi la passione poteva porre a quel giovane una benda sugli occhi, domani, domani l’altro, sbolliti i primi entusiasmi, quando non ci sarebbe stato più rimedio...?
Era il verme che le rodeva incessantemente il cervello e le faceva quasi dimenticare l’oltraggio del Mochi.
Alcuni giorni dopo il fatto, questi aveva avuto la faccia tosta di avvicinarsele e dirle:
— Quella grulla di Marietta ti avrà forse riferito...
— Non mi ha riferito nulla... — lo interruppe Giacinta.
Egli voltò le spalle.
Andrea intanto, rassegnato, paziente, non lasciava sfuggirsi nessuna occasione di rammentarle che era lì, attendendo sempre una risposta. Ad ogni nuovo assalto di lui, la povera Giacinta sentivasi con orrore diventar sempre più fiacca; e voleva resistere... ad ogni costo!...
— Dovessi tu anche morirne! — disse a sè medesima una volta, dopo aver tentato invano di stordirsi leggendo fino a notte inoltrata.
Invece il suo povero cuore non aveva più forze!
— Ah, Gesù! Gesù!...
I suoi occhi non si erano fissati mai con tanta ambascia sul crocifisso d’avorio dalla croce di ebano appeso al capezzale, un ricordo della sua più cara amica di collegio. E quel grido straziante le era uscito di bocca, all’improvviso, insieme con un fiume di lagrime.
— Ah, Gesù!... Gesù! Perchè farmi soffrire a questo modo?...
Nello stesso tempo una commozione profonda, sopraggiunta dietro quel primo impeto d’irritazione e di rivolta, la spingeva a cader ginocchioni davanti la sponda del letto.
— Dio mio!... Gesù mio! — ripeteva singhiozzante, tendendo le braccia verso il crocifisso con un gesto disperato. — Gesù... Se siete buono e giusto, fatemi morir subito, prima che io mi levi di qui! Fatemi morire! Fatemi morire!
Nell’angoscia, appoggiava la fronte alle materassa, bagnandole di lagrime, contando i battiti del suo cuore per vedere se mai diminuissero, se diventassero più lenti... Indi rialzava la testa, stendeva di nuovo le braccia:
— Se siete buono e giusto, fatemi morire, Gesù! Muovetevi a compassione di me! Fatemi morire!...
Ah, la morte invocata si faceva attender troppo! Gesù Cristo se ne stava impassibile sulla croce, non la esaudiva, non la ascoltava:
— Fatemi morire! Fatemi morire!
A un tratto, le parve che il cuore le si schiantasse davvero, che il respiro le venisse meno... e balzò in piedi e spalancò la finestra.
Col terrore che la scuoteva tutta, sprofondava gli occhi in quel cielo buio, coperto qua e là di nuvole, con rare stelle che scintillavano fioche, come smarrite nello spazio; e tendeva l’orecchio senza sapere perchè, in quel vasto silenzio interrotto soltanto dagli urli del mare che si dibatteva laggiù fra gli scogli, simile a un mostro incatenato.
Non osava voltare il capo. Aveva perfino paura di quel crocifisso di avorio da lei così affannosamente pregato poco prima; aveva paura di quella nera solitudine notturna: si sentiva come lanciata via fuori del mondo.
Poi, all’impressione dell’aria frizzante si era calmata a poco a poco. Un’idea balenatele in mente l’aveva fatta trasalire:
— Perchè non entrava in un convento? E rinchiuse la imposta, macchinalmente; perduta dietro questa idea che la inondava di un benessere strano, di una calma affatto insolita e piena d’immensa tenerezza.
— Grazie! Grazie! — mormorava, a mani giunte, rivolta al crocifisso. — Così sarò morta pel mondo, per me stessa, per tutti!... È una ispirazione del cielo!