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CORO
- Coro
Lasciati a guardia della patria terra
E delle immense sue dovizie siamo,
Come i più vecchi: e al fido incarco, ei stesso
Il Re, Serse di Dario, in Grecia i Persi
A guerregiar traendo, eletti c’ebbe.
Ma un non so qual presagio infausto in cuore,
Circa il tornar dell’opulenti squadre
E del Re nostro, omai ci angoscia. Intero
Iva con esso il fior dell’Asia; e indarno
Ella i guerrier suoi giovani richiama.
Nè Nunzio alcun, nè cavaliero, appare
Finor fra queste mura: e tanti, e tanti,
+ E pedoni e su’ carri e in navi quivi,
Mole enorme di guerra, pur sospinti
N’ebbe Ecbátana, e Susa, e la Cissína
Antiqua rocca. Oh quali eran nell’armi
I Persi Duci, al Re dei Re soggetti,
Artafrén, Megabázo, Astáspe, Amistre,
Con lor archi e cavalli e carri e schiere!
A vedersi terribili; terribili
Ben altro poscia a chi nel campo a prova
Contro lor alme indomite si affronta.
Ed Artembáre, quel dai be’ corsieri;
E Masístre; ed Iméo, quel dal fort’arco;
E Farandáce; e il generoso auriga
Sostáne! Ma quanti altri invitti Duci
Quivi mandava il fertil Nilo immenso,
A noi soggetto! Susiscáne il prode,
E l’Egizio Pegástago, ed il magno
Arsáme, capo della sacra Memfi;
E il reggitor della vetusta Tebe,
Aríomárdo: accompagnati tutti
Da stuolo innumerabile d’esperti
Remigator palustri. E dall’alta impresa
Anco sue turbe invia la Lidia molle
Dalle più interne regíoni: ad esse
Preposti Re van Metragáte e il buono
Archéo, con carri Sardíani in copia;
Cui gli aggiogati, or quattro or sei, destrieri
Pompa fan ricca e in un tremenda. Al sacro
Tmolo vicin abitator, Mardónio,
E Taríbbe, indefesse aste vibranti;
E i Misj arcieri; essi pur tutti or stanno
Servili ceppi minacciando ai Greci.
Ma le miste sue turbe anco v’invia
Babilonia pel molto auro superba;
Nel navigar ben addestrate, l’une;
Saettatrici appien secure, l’altre:
Quanti Asia tutta in somma in se chiudeva
Brando-cingenti, tutti ivi sospinge
Il Regio invíolabile comando.
Tal è il fior dei guerrier del Perso suolo,
Ch’Asia nutriva; e ch’or, colà spediti,
Gemebunda richiama. E Padri, e Mogli,
Dal partir loro annoverando i giorni,
Stansi, del tempo all’indugiar tremanti.
STROFE
- Coro lir.
Già la spianacittadi regal possa
In su l’opposto lido è omai varcata:
Nave a nave avvinghiata
Il gran peso di guerra ivi si addossa;
E inusitato temerario ponte
Su l’Atamántid’Elle soggiógata,
Schiere immense traghetta al vincer pronte,
Alla vicina Grecia assai ben conte.
ANTISTROFE
Impetuoso guidator sovrano
Dell’Asia popolosa, in ogni parte
L’alta greggia di Marte
Spinge; mortal ben ei, ma non lontano
Dalla stirpe dei Numi, i Duci a mille
Sotto ha di sè, fra cui doppie comparte,
Quasi d’un tanto regno alme pupille,
Sue terrestri e maritime faville.
MONOSTROFE
Atro gli occhi sanguigni orrido Drago,
Tutto man, tutto remi, tutto ruote,
Spinge l’Assiria calca:
Veder, se arciero puote
Con quant’impeto il fior d’Asia cavalca
Domar la Greca astifera propago.
Se il puote? or chi d’inespugnabil onda
Il tempestoso ardente urto e riurto
A contrastar fia surto?
Non sorge, no, così scagliosa sponda,
Che infranga, o affreni, Persia furibonda.
Ma pur, di un qualche Nume
Uom può sottrarsi all’ingannevol forza?
Qual’ali al piè bastanti?
Lusinghiera da prima in blanda scorza
I mortali speranti
Fortuna trae con perfido costume
Ne’ lacci suoi rotanti;
Onde non è poi scampo
Da sì funesto inciampo.
STROFE I
Impulso egli ha dal Ciel dei Persi il Fato
Da tempo immemorabile;
Quel che a torri cozzar, spronar destrieri,
Con furia impareggiabile
Spinge a forza gli orrendi battaglieri,
Delle cittadi eccidio dispietato.
ANTISTROFE I
Essi omai ’sperti dell’immenso mare
A rimirare impavidi
La fera greggia[1] de’ spumanti flutti,
Di preda e d’onor avidi
Calpestan l’onde su i lievi-costrutti
Legni, per vele e remi atti al volare.
STROFE II
Tai pensamenti l’animo
Mi van pungendo d’un pavor lugúbre:
Oimè il magnanimo
Persico tanto esercito, s’ei mai
Sconfitto fosse, ed erma ed insalúbre
La magna Susa, e spenti i suoi dì gai!
ANTISTROFE II
E se di Cissa i popoli
Fessero anch’essi a Susa eco infelice,
Sì che l’alta metropoli
Tutta echeggiasse in femminili strida
Del fero oimè che sì gran pianto elíce,
Che gli squarciati ammanti avvien che intrida.
STROFE III
Ogni doma-destrier forte guerriero,
Ogni pedón feroce,
Qual d’api folto sciame, al condottiero
Attergatosi, uscía
D’Asia in Europa, in corso ali-veloce,
Terra calcando in su marina via
Tra opposte spiagge ognor disgiunte in pria.
ANTISTROFE III
Pel desío conjugal, talami intanto
Da Perse donne meste
Il dì e la notte inondansi di pianto;
Dal fier desío ciascuna
Struggesi, piena il cor d’atre tempeste;
Nè mai cessa di lagrime digiuna
Chiamar l’assente sposo essa sola una.
Note
- ↑ Vel ad literam: La mobil sel va de’...