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SALMO LXXV.
1 Noi, popol tuo, con la bocca e col core
Ti celebriam, Signore:
Che ’l tuo favor divino,
Dopo lungo aspettar sentiam vicino.
Ed ogni uom fa le voglie accese e pronte
Tue meraviglie conte.
2 Quando avrò presa l’assegnata seggia
Al sacro tempio e reggia,
U ’l tuo diletto seme
Davanti a te dee comparir insieme;
Allor porrò tutto ’l pensier e cura
A regnar con drittura.
3 Tutto ’l paese e d’esso ogni abitante
Disciolto e vacillante,
Già sospinto a la china,
Ad or ad or minacciava ruina.
Ma le colonne sue, scosse e crollate,
Da me fur rassodate.
4 Dissi a’ rubelli, forsennati e fieri,
Or più non siate alteri:
Nè ’l corno glorioso
Alzate omai con un vanto fastoso.
Nè più, col collo rigido e feroce,
Sfogate un dir atroce.
5 Chè da l’Occaso o dal Merigge ancora,
N’onde spunta l’aurora,
Non vien l’alta eminenza.
Ma del sovran Rettor la provedenza
In grado fa salir l’uno sublime,
E l’altro in giù deprime.
6 Ne la destra egli tien un nappo pieno
Di liquido veleno,
Bevanda torba e rea.
Di quella mesce affin ch’altri ne bea:
Gli empj le fecce amare succeranno,
E le tranghiottiranno.
7 Or questo predicar i’ voglio sempre,
E, con soavi tempre,
Cantar di Dio gli onori.
E degli empj le corna ed i furori
Abbatterò, per rizzar altamente
La virtuosa gente.