< I Salmi di David (Diodati)
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SALMO XXVII.
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SALMO XXVII.

1          Viva luce serena,
     Rocca alta di salute,
     Emmi il Signor: chi mi darà terrore:
     Di conforto egli m’è vital virtute:
     Chi lassa potrà far fallirmi lena?
     De’ nemici il furore
     M’assalì con ardore.
     Ma, con empito fiero,
     Correndo a lacerarme,
     E vivo divorarme,
     In ruina cadero.
2          Non, s’oste poderosa
     Contra me muove ’l campo,
     Di tema unque avverrà, che ’l cor m’agghiacce,
     O de la fronte scolorisca il lampo.
     E schernirà di schiera numerosa
     Questa fe’ le minacce.
     Ma fie ch’ognor procacce
     Dal Signor un sol bene,
     Ch’i’ possa in vita ogn’ora
     De la sacra dimora
     Goder le stanze amene.
3          Quivi d’alte vaghezze
     Pascer le luci intendo,
     In quel di gloria scintillante volto:
     E contemplar a parte a parte imprendo
     Del palazzo real l’alme bellezze.
     Che ’n duri affanni involto,
     Sarò da Dio raccolto,
     Sovra poter umano,
     Nel divin padiglione,
     Fuor di cruda tenzone,
     Come in castel sovrano.

4          Pur or il capo mesto
     Sollevo, trionfando,
     Che rotte i’ veggio le nemiche imprese:
     Ed al Signor, nel Tempio venerando,
     Con ostie e canti a festeggiar m’appresto.
     Da te, Signor, intese
     Sien le mie voglie accese,
     E ’l mio pregar devoto.
     Ne’ mie’ dolenti gridi
     De’ tuo’ favori fidi
     Non rimandarmi a voto.
5          Mi sento in mezzo al petto
     Chiaro sonar le tempre
     Di questi tuoi ben consiglianti accenti:
     Ciechi mortali, ricercate sempre
     Di me, Dio vero, l’avvivante aspetto.
     A te gli spirti intenti
     Tengo a tutti i momenti,
     Ma, non voler, o Dio,
     De’ mie’ peccati schivo,
     Celarmi il raggio divo
     Del tuo riguardo pio.
6          Non far che giusto sdegno
     Da te mi tenga escluso:
     Che di tua maestà son servo umile.
     Già pur di sovvenirmi avesti in uso:
     Del tuo favor, o Dio, mio sol sostegno,
     Non variar lo stile,
     Nè mi tener a vile.
     Che la fè m’assicura,
     Ch’obliato dal padre,
     Negletto da la madre,
     Sarò pur in tua cura.
7          Quel buon sentier m’insegna,
     Ch’a te gli erranti guida:
     E, fra tanti nemici, risse e agguati
     Siimi schermo sicur e scorta fida.

     Nè lasciar, che talor preda divegna
     De’ lor denti arrotati,
     E disiri infocati.
     Che di lor stuolo grosso,
     Macchinando rampogne,
     Bisbigliando menzogne,
     Incontra me s’è mosso.
8          Se non che fui ben certo,
     Dopo tante tempeste,
     Di goder del Signor i dolci beni,
     Mentre ancor viverò in corporea veste,
     Sconsolato sarei morto e diserto.
     A Dio fermo t’attieni
     E ’n lui tutto sostieni:
     Ch’al tuo doglioso core
     Darà franca baldanza
     Ed invitta costanza:
     Spera pur nel Signore.

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