< Il Misogallo (Alfieri, 1903)
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Sonetto XXXII
Sonetto XXXI Sonetto XXXIII

SONETTO XXXII.

31 gennaio 1795.

Gracchiare il dolce usignoletto apprenda,
L’ape a muggire, o ignobil raglio il cigno;
La marra Achille, od altro abbietto ordigno
Tratti, onde altrui risibile si renda:

Venali fogli ebdomadarj imprenda
L’alto Cantor di quest’Eroe ferrigno:
Men turpe ciò, ch’uom Tosco, udir benigno
Gli urli dei Galli, e ch’a impararli intenda.
Di scabro bronzo soppannar l’udito,
La lingua armar di sozzo ottuso ferro,
Per poi macchiar l’almo sermone avito?
Tuoi Toschi a trarre di sì stolid’erro,1
Febo, aiutami, o tu; s’io pur gradito
Vate indefesso all’are tue mi atterro.


  1. I Greci, ancorchè conquistati dalle armi, e non dalle chiacchiere, nè dagl’inganni, dei Romani, non impararono già per tutto ciò la lingua latina; ma bensì i Romani la greca. Chi non si sente, merita calci, e riceveli a maraviglia; ma chi si risente, li restituisce al doppio.


Note

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