Questo testo è incompleto.
Ai musicòmani Il cavaliere enciclopedico
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti italiani

IL NUOVO ISTRIONE.1

     Un avvocato, cavalier, marchese,
Conte, commendator, nostro patrizio,
Che in qualunque vicenda ebbe il giudizio
D’inchinarsi ai padroni del paese,2

     Per non perder da vecchio l’esercizio
Dell’arti lusinghiere ond’alto ascese,
Alla vecchia regina piemontese
Fe’ del proprio decoro il sacrifizio.

     La qual, mirando al suo docil barone,
Sul già Tusculo ed oggi Ruffinella
Aprì teatro e nel creò buffone.

     Ed ei non teme in quella terra, in quella
Dove a un Bruto parlava un Cicerone,
Di recitar lo zanni e il pulcinella.3

23 novembre 1838.

posseduta allora dalla Casa di Savoia, e già affidata dalla figliuola di Vittorio Amedeo III, Duchessa dello Sciablese, al Biondi, che vi faceva far degli scavi, ecc. Cfr. il sonetto: La Rufinella, 22 genn. 35.] Attualmente rappresenta VEutichio della Castagna nella Casa disabitata di Giovanni Giraud, e il Marcane nella Conversazione al buio del medesimo autore; ed è a vedersi come vestito da pizzicagnolo agiti in aria graziosamente le provature.      2 [Nato a Eoma nel settembre del 177G, morto nel settembre del 1839, fu prima aiutante di studio di monsignor Alessandro Tassoni, uditore di Rota; poi, sotto Napoleone I, giudice d'appello nella Corte imperiale; quindi curatore del patrimonio che aveva in Roma la Duchessa dello Sciablese. Fu nominato cavaliere da Vittorio Emanuele I, conte da Carlo Felice, marchese da Leone XII, commendatore da Carlo Alberto, patrizio dal Senato Eomano, membro del Collegio filologico dell'Università di Roma e consigliere della Commissione consultiva di antichità e belle arti da Gregorio XVI, ecc.]      3 [Il Biondi morì il 3 settembre 1839, e il giorno 5 dello stesso mese il Belli scriveva da Perugia al Ferretti in Roma: “La notizia della gravissima infermità (e forse peggio) del marchese Biondi ha recato gran dispiacere a quanti l' ho data, o lo conoscessero personalmente o di sola fama, perchè già di fama lo conoscono tutti quelli che leggono libri. Fra i santi-petti di Roma„ (V. il sonetto: La Compaggnia ecc., 23 apr. 34), “niuno, credo, lo poteva uguagliare. Le lettere fanno certamente in lui somma perdita. Ed ecco, pover' uomo, svaniti e comodi e onori. Sic transit gloria mundi. Rimane però chiara la sua memoria ne' suoi scritti e onorata almeno in gran parte di essi.„]

  1. Luigi Biondi, letterato, presidente perpetuo dell’Accademia archeologica, nobile di merito, vecchio, infermiccio, sta oggi per sete di favore degradandosi col sostenere le parti buffe nelle commedie destinate al sollazzo della regina vedova di Sardegna [Maria Cristina] e della sua Corte, [nella Rufinella, villa del territorio tuscolano, presso Frascati, posseduta allora dalla Casa di Savoia, e già affidata dalla figliuola di Vittorio Amedeo III, Duchessa dello Sciablese, al Biondi, che vi faceva far degli scavi, ecc. Cfr. il sonetto: La Rufinella, 22 genn. 35.] Attualmente rappresenta VEutichio della Castagna nella Casa disabitata di Giovanni Giraud, e il Marcane nella Conversazione al buio del medesimo autore; ed è a vedersi come vestito da pizzicagnolo agiti in aria graziosamente le provature.
  2. [Nato a Eoma nel settembre del 177G, morto nel settembre del 1839, fu prima aiutante di studio di monsignor Alessandro Tassoni, uditore di Rota; poi, sotto Napoleone I, giudice d'appello nella Corte imperiale; quindi curatore del patrimonio che aveva in Roma la Duchessa dello Sciablese. Fu nominato cavaliere da Vittorio Emanuele I, conte da Carlo Felice, marchese da Leone XII, commendatore da Carlo Alberto, patrizio dal Senato Eomano, membro del Collegio filologico dell'Università di Roma e consigliere della Commissione consultiva di antichità e belle arti da Gregorio XVI, ecc.]
  3. [Il Biondi morì il 3 settembre 1839, e il giorno 5 dello stesso mese il Belli scriveva da Perugia al Ferretti in Roma: “La notizia della gravissima infermità (e forse peggio) del marchese Biondi ha recato gran dispiacere a quanti l' ho data, o lo conoscessero personalmente o di sola fama, perchè già di fama lo conoscono tutti quelli che leggono libri. Fra i santi-petti di Roma„ (V. il sonetto: La Compaggnia ecc., 23 apr. 34), “niuno, credo, lo poteva uguagliare. Le lettere fanno certamente in lui somma perdita. Ed ecco, pover' uomo, svaniti e comodi e onori. Sic transit gloria mundi. Rimane però chiara la sua memoria ne' suoi scritti e onorata almeno in gran parte di essi.„]

Note

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.