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Libro II - A O.T.T.
Libro II - Invocazione Libro II - Canto di primavera


XXV.

A O. T. T.


Caro a le vergini d’Ascra e di belle
Mortali vergini cura e diletto,
O a me di mutua fede costretto
4Da eguali stelle,

Ottavio: i codici d’aurea favella
Dove il tuo spendesi tempo migliore,
Che da te chieggono novo splendore,
8Vita piú bella,

Poni; ed i lirici metri, che apprese
A me la duplice musa di Flacco,
Qui tra le candide gioie di Bacco
12Odi cortese.


Avvi cui ’l torbido Gradivo arride,
Ed ama il rapido baglior d’elmetti
Ne l’aer livida che da’ moschetti
16Divisa stride,

E via tra l’orride membra che sparte
Incèstan d’ampia strage il sentiero
Urta il fulmineo baio destriero
20Furia di Marte;

Poi lunge a’ fulgidi campi ed a’ valli,
Nel sen d’ingenua sposa che agogna
Notturni gaudii, feroce ei sogna
24Trombe e timballi.

Con altri l’alacre fame de l’oro
Ascende vigile la prora, e anela
Le infami insidie drizza e la vela
28Al lido moro.

Per essa il nauta ride i furori
D’euro che gl’ispidi flutti cavalca,
E con la cupida mente egli calca
32Rischi e terrori:

In vano l’orrido crin sanguinante
Infesto Oríone pe ’l ciel distende
Ed il terribile di fiamma accende
36Brando strisciante:


Bianca di naufraghe ossa minaccia
La riva squallida: dal patrio lido
La figlia chiàmalo con lungo strido
40Pallida in faccia.

Ed altri docile guerrier d’amore
In tra le pafie rose vivaci
De le virginee lutte co’ baci
44Desta il furore;

E sopra un niveo petto, di glorie
La fronte carica, stanco a le prove,
Depone; ed agita, posando, nove
48Pugne e vittorie.

E me le libere Muse nel casto
Seno raccolgano, me loro amante
Le dee proteggano del vulgo errante
52Dal vano fasto.

Me non contamini venduta lode,
Non premio sordido d’util perfidia:
Vinca io con semplice petto l’invidia,
56Vinca la frode.

Ed oh se un tenue spirto l’argiva
Camena infondami! se a me ne’ lieti
Fantasmi lucidi de’ suoi poeti
60Grecia riviva!


Non io l’Apolline cimbro inchinai,
Io tósco e memore de l’are attèe;
Né di barbariche tazze circèe
64Ebro saltai.

Ottavio, al libero genio romano
Libiam noi liberi qui nel gentile
Terren d’Etruria: lunge il servile
68Gregge profano.



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