Questo testo è incompleto. |
◄ | Sesto, nun formicà (1832) | La sposa | ► |
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti dal 1828 al 1847
L'AMMANTATE1
Ah fu un gran ride e un gran cascerro2 gusto
Quer de vede passà ttante zitelle
Co la bbocca cuperta, er manto, er busto,
Le spille, er zottogóla, e le pianelle!
Tutte coll’occhi bbassi ereno ggiusto
Da pijjalle pe’ ttante monichelle,
Chi nun sapessi cuer che ssa sto fusto3
Si cche ccarne sce sta sotto la pelle.
Nerbi-grazzia, Luscìa l’ho ffregat’io:
Nena? ha ffatto tre anni la puttana,
E Ttota è mmantienuta da un giudio.
E la sora Lugrezzia la mammana4
N’ariconobbe dua de bborgo-pio:5
Inzomma una ogni sei nun era sana.
Roma, 20 novembre 1832
- ↑ Vedesi la nota 3 del Sonetto intitolato [[../La Nunziata II|La Nunziata]]. Qui solo si aggiunga che le dotate non vogliono andar esse stesse personalmente alla processione, ma vi mandano altre in lor luogo con la mercede di cinque paoli.
- ↑ «Soddisfacente», contrario a tareffe, «spiacevole, guasto, ecc.»: voci entrambi entrambe tolte agli Ebrei del Ghetto di Roma.
- ↑ La mia persona.
- ↑ Ostetrica.
- ↑ Contrada di Roma presso il Vaticano.
Note
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.