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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti dal 1828 al 1847
L’ARIBBARTATO.1
Te lo saressi creso, eh Gurgumella,
Ch’er zor paìno,2 er zor dorce-me-frega,3
Che mmanco ha ffiato per annà a bbottega,
Potessi slargà er buscio a ’na zitella?
Tu nu lo sai ch’edè sta marachella4;
Tutta farina5 de quell’antra strega.
Mo che nun trova lei chi jje la sega,
Fa la ruffiana de la su’ sorella.
Io sarebbe omo, corpo de l’abbrei,
Senza mettécce né ssale né ojjo6,
De dàjjene7 tre vorte trentasei:
Ma nun vojo più affrìggeme8 nun vojjo;
Che de donne pe’ ddio come che llei
’Ggni monnezzaro9 me ne dà un pricojjo10.
7 agosto 1828
- ↑ [Il ribaltato, lo scavalcato. Ma in origine il titolo era quest'altro: A mastro Giuannino ditto Gurgumella (Silvagni), quello che fa li quadri de pittura a la Madon dei Monti. — Canzoncina come che quelle de Dant' Argèri, d’er giuvedì a ssera. E poi in nota: “Tutte le sere di giovedì in mia casa si faceva allora, tra alcuni amici, lettura di Dante Alighieri.„]
- ↑ [Il bellimbusto. Cfr. la nota 6 del sonetto: Er coronaro, 10 genn, 82.]
- ↑ [Il signor posapiano, il signor
lemme lemme.] - ↑ Cabala.
- ↑ Artificio.
- ↑ Senza esitare.
- ↑ Darlene (di colpi).
- ↑ Affliggermi.
- ↑ [Mondezzaio.]
- ↑ Un procoio, una infinità.
Note
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