Questo testo è incompleto. |
◄ | Er compositore de la stamparia | La pavura | ► |
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1837
L'EREDE
Me dimannate er padroncino mio
Che vvita fa da quanno è rricco-maggna?1
Spenne e spanne a la sceca,2 e arisparaggna3
Su le limosine e ’r zalario mio.
Er giorn’istesso che jje morze4 er zio
E pprincipiò ppe’ llui quela cuccaggna,
Attaccò un leggno e sse n’annò in campaggna,
Lassanno er morto ne le man de Ddio.
Passata poi ’na sittimana o ddua
Tornò a Rroma cór velo sur cappello.
Ma cche ppiaggneva? l’animaccia sua?
Sai dove sò5 le lagrime? in scurtura
Scritte sin che ne vòi6 co’ lo scarpello
Sopr’er cuperchio de la sepportura.
4 marzo 1837
Note
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.