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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti dal 1828 al 1847
L'IMPICCATO
Pe’ vvia de quella miggnottaccia porca
Che sse fa sbatte dar Cacamme1 in Ghetto;
E, vvàjjelo a cercà2 ccór moccoletto,
Nun tiè più mmanco un pelo in ne la sorca;
Che ppare, Iddio ne guardi, si sse3 corca
uN cadavero drento ar cataletto;
Ecco cqui, ss’ha da vede4 un poveretto
Finì li ggiorni sui sopr’una forca!
Però bbeato lui che ffa sta morte!
Perchè, mettemo caso5 abbi peccati,
è Ppell’anima sua propio una sorte.
De millanta affogati quarchiduno
Se6 pò ssarvà: ma de scento impiccati
Ammalappena7 se n’addanna uno.8
Roma, 14 settembre 1830
- ↑ [Dall’ebraico haham, che significa: “dotto, sapiente,„ e anche, come sempre il suo storpiamento romanesco: “Rabbino maggiore.„ E da cacàmme deve poi esser derivato cachèmme, millantatore.]
- ↑ Va’ a cercarglielo.
- ↑ Se si.
- ↑ Vedere.
- ↑ Supponghiamo.
- ↑ Si.
- ↑ [A-mala-pena: appena appena.]
- ↑ [Questa sentenza è proverbiale. Ma si badi che la forca, sostituita durante la dominazione francese dal nuovo edifizio, come chiamava il boia Bugatti la ghigliottina; e poi ripristinata insieme con la mazzola e lo squarto nella restaurazione pontificia del 1814; fu in Roma definitivamente risostituita dalla ghigliottina nell’ottobre del 1816, e mantenuta solo nelle provincie, ma non in tutti i casi e forse per ragioni di economia, fino al 13 maggio 1828. Tanto si rileva dalle Annotazioni del sullodato Bugatti pubblicate dall’Ademollo (Lapi edit., 1886): dalle quali apprendiamo altresì che nel 1826, per un “reo di omicidio e ladrocinio in persona di un prelato,„ fu rimesso fuori in Roma l’uso della mazzola, ma non della forca.]
Note
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