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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti dal 1828 al 1847
LA PERACOTTARA
Sto a ffà la caccia, caso che mmommone1
Passassi2 pe’ dde cqua cquela pasciocca,3
Che va strillanno co’ ttanta de bbocca:
Sò ccanniti le pera cotte bbone.4
Ché la vorìa5 schiaffà6 ddrento a ’n portone
E ppo’ ingrufalla7 indove tocca, tocca;
Sibbè che8 mm’abbi ditto Delarocca,9
C’ho la pulenta10 e mmó mme viè un tincone.
Lei l’attaccò ll’antr’anno a ccinqu’o ssei?
Dunque che cc’è dde male si cquest’anno
Se trova puro11 chi ll’attacca a llei?
Le cose de sto monno accusì vvanno.
Chi ccasca casca: si cce sei sce sei.12
Alegria! chi sse13 scortica su’ danno.
Roma, 14 settembre 1830
- ↑ Caso mai or ora.
- ↑ Passasse.
- ↑ Paciocca: bella donna giovane e piuttosto ritondetta.
- ↑ Sono canditi etc.: grido de’ venditori di pere cotte al forno, i quali girano nelle ore più calde della stagione estiva, dette perciò a Roma: l’ore de peracottari.
- ↑ Vorrei.
- ↑ Cacciare.
- ↑ Ingrufarla: parola oscena.
- ↑ Benchè.
- ↑ Professor chirurgo, oggi morto.
- ↑ Gonorrea.
- ↑ Si trova pure.
- ↑ Se ci sei, ci sei.
- ↑ Chi si, ecc.
Note
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