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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1833
LA BBELLEZZA .1
Viè a vvéde2 le bbellezze de mi’ nonna.
Ha ddu’ parmi3 de pelle sott’ar gozzo:
È sbrozzolosa4 come un maritozzo;5
E trìttica6 ppiù ppeggio d’una fronna.
Nun tiè ppiù un dente da maggnasse7 un tozzo:
L’occhi l’ha pperzi8 in d’una bbùscia tonna;9
E er naso, in ner parlà, ppovera donna,
Je fa cconverzazzione cor barbozzo.
Bbracc’e ggamme sò10 stecche de ventajjo:
La vosce pare un zon11 de raganella:12
Le zinne, bborze da colacce13 er quajjo.14
Bbe’, mmi’ nonna da ggiovene era bbella.
E ttu dda’ ttempo ar tempo; e ssi15 nun sbajjo,
Sposa,16 diventerai peggio de quella.
2 novembre 1833
- ↑ [Due altri sonetti, 18 magg. 33 e 20 ott. 34, compresi nel presente volume, hanno lo stesso titolo.]
- ↑ Vieni a vedere.
- ↑ Due palmi.
- ↑ Bernoccolosa.
- ↑ [V. la nota 1 del sonetto: La quaresima, 4 apr. 33.]
- ↑ Tremola.
- ↑ Mangiarsi.
- ↑ Perduti.
- ↑ Buca tonda: l’occhiaia.
- ↑ Sono.
- ↑ Un suon.
- ↑ Suono che rende la gola degli agonizzanti. [Rantolo. Ma, propriamente, la raganella è uno strumento fanciullesco, usato e chiamato così anche in Toscana. Cfr. il Rigutini-Fanfani.]
- ↑ Colarci.
- ↑ Quaglio.
- ↑ Se.
- ↑ Pronunzia colla o chiusa. [E qui vale: “cara mia, amica mia,„ e simili.]
Note
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