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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1833
LE STELLE
Bbella dimanna!1 “De che ssò2 le stelle?.„
Io sciò3 una rabbia sciò cche mme sciaccoro.4
Bbasta avé ll’occhi in fronte da vedelle
Pe’ ppotello capì. Ssò ttutte d’oro.
Che tte ne pare? nun è un ber lavoro
C’ha ffatto Ggesucristo, eh Raffaelle?
Mette5 per aria tutto quer tesoro,
Che sse6 move da sé! cche ccose bbelle!
Questo sì, ssò un po’ ttroppe7 piccinine,
Perchè dde tante nun ce n’è mmanc’una
Che nnun pàrino8 occhietti de galline.
Che jje9 costava a Ddio? poca o ggnisuna
Fatica de crealle, per un dìne,10
Granne,11 ar meno che ssii, come la luna.
3 novembre 1833
- ↑ Dimanda.
- ↑ Sono.
- ↑ Ci ho.
- ↑ Mi ci accoro.
- ↑ Mettere.
- ↑ Si.
- ↑ Troppo. È uso del volgo di accordare la preposizione col nome.
- ↑ Paiano.
- ↑ Gli.
- ↑ Per un dire: per modo di esempio.
- ↑ Grandi.
Note
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