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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti dal 1828 al 1847
LA CACCIA DER PADRE CURATO.
Va’ a ccérca1 com’er frate abbi saputo
Der mi traghetto2 co’ la fìa3 d’Ugusto!4
Vàll’a ccapì chi sse sii5 preso gusto
De dàjje6 er grimardello per ajjuto!
Io so cche mm’entrò in casa muto muto,
E cce comparze7 in de la stanzia, ggiusto
Ner mentre ch’io j’arillacciavo er busto,
Che8 cce fesce stremì,9 ffrate futtuto!
Visto che mm’ebbe in quer frangente, er frate,
Co un voscion da caggnaccio de mascello,
Strillò: «Bbestia bbù e vvia,10 che ccosa fate?»
«Padre curato mio, lei nun ze11 studi
De famme12 spaventà», ddico: «fo cquello
Che ppredicate voi. Vesto l’iggnudi».13
23 giugno 1834
- ↑ Cercare.
- ↑ Della mia tresca.
- ↑ Figlia.
- ↑ Augusto.
- ↑ Si sia.
- ↑ Di dargli.
- ↑ Ci comparve.
- ↑ In guisa che.
- ↑ Ci fece abbrividire.
- ↑ Bestia bù etcetera: in buona parole, «bestia buggiarona».
- ↑ Non si.
- ↑ Di farmi.
- ↑ La terza opera di misericordia corporale.
Note
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