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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1832
Cuarchiduno3 l’inzórfa.4 Ar primo editto5
Er Zanto Padre fesce troppo er vappo,6
Pe’ sbiancasse7 accusì. Cquest’antro aggrappo8
In un Papa sarìa troppo delitto.
Nun bastava ch’er zale era in affitto,9
Che mmo a lo sgarro10 sce s’accressce er tappo?!
Per dà a cquattro assassini un antro impappo11
S’arifrigge la carne a cchi ggià è ffritto?!
Che sserve che ttre ggiorni l’appartista
L’abbi ancora da dà ppe’ cquer che ccosta,
Si ll’orzarolo12 nun lo tiè ppiù in lista?
Armanco,13 pe le lettre de la posta,
Li ricchi o ppònno fanne14 una provista,
O scrive sempre e nnun pijjà risposta.
Roma, 29 dicembre 1832
Note
- ↑ Crescimento, aumento.
- ↑ Di ciò vedi la nota... [1] del sonetto... [Er zale ecc., 31 dic. 32].
- ↑ Qualcuno.
- ↑ Inzolfare: istigare.
- ↑ L’editto bandito da Gregorio XVI appena sceso al soglio fra le turbolenze politiche delle province settentrionali. [V. la nota 3 del sonetto: La scopa nova, 7 gennaio 33.]
- ↑ Fare il vappo: iattare.
- ↑ Sbiancarsi: smentirsi.
- ↑ Da aggrappare.
- ↑ L’affitto de’ sali e tabacchi è stato dato ad una compagnia per un terzo meno del giusto.
- ↑ Oltre al senso qui più ovvio, sgarro significa ancora: “errore di condotta„.
- ↑ Mangiata.
- ↑ I così detti orzaiuoli, venditori di minuti, e spacciatori di sale, ne’ tre giorni di spazio fra la pubblicazione dell’editto e quello della sua sanzione, celarono tutto il sale che avevano, per poi venderlo al nuovo prezzo accresciuto.
- ↑ Almanco, almeno.
- ↑ Farne.
Note
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